L’angelo del mare fangoso, ambientato a Venetia nel 1119 d.c. – terzo volume del ciclo noir di Tiraboschi (dopo La pietra per gli occhi. Venetia 1106 d.C. e La bottega dello speziale. Venetia 1118 d.C.) – conclude il primo atto della saga in tre volumi sulle origini medievali di Venezia. Tornano i personaggi che abbiamo già conosciuto nei precedenti romanzi: lo scriba Edgardo, la schiava Kallis, il medico magister Abella, il mercante Magdalena Grimani, lo speziale Sabbatai e il fiolario Tataro. Ma in L’angelo del mare fangoso le principali protagoniste sono Kallis, Magdalena e Abella, tre donne molto diverse fra loro, ma che fanno parte della borghesia emergente e che, grazie al loro grado, sono alla ricerca di spazio in un mondo dominato dal potere maschile. Con loro tornano le stupende immagini parlanti della città e le maestose e struggenti descrizioni lagunari che Tiraboschi ruba al medioevo per rendercele vicine, quasi palpabili. Un città, una Venezia ancora a divenire, una Venezia inedita, fatta di fango e di paludi, ben lontana dalla iconografia classica della Serenissima a cui siamo più abituati; una città desiderosa “di rubare terra alle acque e di edificare sul nulla”. Un ricettacolo di miasmi e miseria, in certe zone, sestieri o calli ma che può riscattarsi nei giardini e nelle dimore signorile, in un’antica cornice fatta di colori, profumi e incanto. Ma lasciamo lo scenario e torniamo alla trama. Dicevamo che siamo a Venezia nell’anno 1119 d.C. e abbiamo tre personaggi femminili con tre storie importanti. Cominciamo da Kallis, che nel timore della giustizia nasconde il suo volto dietro una maschera di serpente fingendosi l’egiziano Ibrahim al-Fazari. Di origine mongola, è un’ex schiava sposata con lo scriba Edgardo, che dirige la vetreria di Sagrado dopo averlo eliminato, ed è l’unica depositaria del segreto dei fiolari per fare il vetro trasparente; poi c’è Magdalena Grimani, padrona di una flotta, che rischia di portarla alla rovina, dopo che suo marito Tommaso è stato esiliato a vita per gravissime colpe, e infine Abella, il magister medicarum, formatasi alla famosa scuola di Salerno, l’unica medico donna che esercita nella città lagunare, amica e consigliera delle altre due. Le tre donne, Kallis, Magdalena, Abella, si troveranno direttamente coinvolte in una vicenda delittuosa che sta sconvolgendo la città. Infatti l’omicidio del fiolaro Tataro, un potente vetraio in perenne concorrenza con Kallis, apre le porte a una complessa trama gialla. Kallis, sospettata dell’orribile delitto e oppressa dai sensi colpa, dovrà difendersi da un’accusa infamante. Nel frattempo Magdalena Grimani è costretta a una continua disperata lotta con il suo passato, del quale si teme vittima con la figlioletta Costanza e Abella, forse ammaliata, è caduta preda di un’insana passione. In sovrapposizione alla trama criminosa c’è la delicata vicenda del giovane cantore Marco Anuar, figlio di Edgardo e Kallis, che si intreccia con quella del musicus Pietro Abelardo, maestro dei cantori di San Marco, e di sua figlia Angelica, quarta vivacissima figura femminile che si veste e si comporta come maschio, sempre in lotta per uscire dagli schemi della sua condizione. Intorno a tutti loro si muove un’enigmatica figura: Turchillus, detto il monaco bianco, arrivato misteriosamente su una galea che viene da Alessandria d’Egitto. Santo, visionario, mistico? O uomo dalle molte facce che nessuno riesce a comprendere? O peggio negromante, imbroglione? Abella si farà carico di scoprire la verità per salvare Kallis da un’ingiusta accusa.
Seguendo i frammenti di una coppa, Tiraboschi muove le fila di questo racconto e dei personaggi: insostituibile e indimenticabile il nano speziale Sabbatai. La saga si mischia così al mistero dando luogo a una narrazione intensa, avvincente, che alterna crudeli sorprese a straordinari colpi di scena, sullo sfondo di una Venezia, una città nova medievale che alberga credenze, magia e negromanzia. Dietro ai personaggi di fantasia, la Storia funge da colto scenario con il dissidio tra il potere dogale e Roma, i tanti traffici delle navi, i loschi affari che vi si conducevano, quali il commercio degli schiavi e delle reliquie ma soprattutto si intuiscono gli albori del futuro di una grande città destinata a diventare una potenza marinara. La Venetia che Roberto Tiraboschi ci consegna è il risultato di accurate ricerche da studioso attento alle scienze, alla filologia, alla meteorologia e alla chimica. E alla società dell’epoca: la schiavitù, la miseria, la sopraffazione, il degrado dei costumi ci raccontano un mondo profondamente ingiusto anche se governato da un potere forte, la magistratura dogale, e da una chiesa cattolica romana troppo accecata dai poteri mondani. La benevola natura veneziana è descritta stavolta come in preda a una calura mai vista di una torrida estate, assediata dalla siccità, dalla putredine, dal caldo insopportabile dopo ben cinquantatré giorni di siccità. Lo scroscio di pioggia violenta e ristoratrice, un muro d’acqua che finalmente si abbatterà per tre giorni sui fedeli riuniti in preghiera, li inonderà facendo la città “Luccicante e splendente come un angelo sorto dal mare fangoso”. Lo stile di Tiraboschi, sceneggiatore cinematografico di gran livello, permea lo stile di Tiraboschi scrittore che, oltre a intrigare il lettore con le sue storie, sa regalare quadri storici e geografici di grande impatto visivo e mentale. Descrizioni, le sue, degne di un esperto documentarista, che riesce a cogliere l’intima testimonianza di ogni particolare, anche il più crudo.