Spirava un vento femminile fin dalla vigilia e la lista dei dodici candidati al Premio Strega è tra le più bilanciate degli ultimi
tempi: sei donne e sei uomini. Sarà una coincidenza ma nell’anno del #MeToo le quote rosa sulla parità di genere sono state rispettate. Iniziamo allora dai nomi femminili scelti tra 41 aspiranti dal comitato direttivo del premio: in semifinale andranno Helena Janeczek (La ragazza con la Leica, Guanda), Francesca Melandri (Sangue giusto, Rizzoli), Sandra Petrignani (La corsara. Ritratto di Natalia Ginzburg, Neri Pozza), Lia Levi (Questa sera è già domani, e/o), Silvia Ferreri (La madre di Eva, Neo edizioni), Angela Nanetti (Il figlio prediletto, Neri Pozza). Donne che raccontano figure femminili controcorrente, a volte cattive.
Ce la farà una di loro a salire sul podio? Le statistiche non vanno in questa direzione: in 71 edizioni dello Strega hanno vinto solo dieci donne. Per di più tre degli uomini in corsa appartengono alle grandi corazzate editoriali: Marco Balzano (Resto qui, Einaudi), Carlo D’Amicis (Il gioco, Mondadori) e Yari Selvetella (Le stanze dell’addio, Bompiani). Gli altri sono autori editi da piccoli editori per la prima volta allo Strega, non temibili: l’italo-albanese Elvis Malaj (Dal tuo terrazzo si vede casa mia, Racconti edizioni) e Andrea Pomella (Anni luce, Add). C’è poi un altro candidato forte, Carlo Carabba, che dopo qualche tentennamento dell’ultim’ora ha scelto di giocarsi la partita. Il responsabile della narrativa italiana Mondadori è in gara con un romanzo pubblicato da Marsilio (Come un giovane uomo). Nella cinquina alle donne potrebbe rimanere libero solo un posto, per il quale la più papabile è Janeczek. Chissà che non sia l’anno buono per Guanda e il gruppo Gems per intascare il suo primo Strega.
Una donna non vince dal 2003, quando Melania Mazzucco sbaragliò i concorrenti con Vita (Rizzoli). Non ce l’ha fatta neanche Elena Ferrante tre anni fa, traghettata dall’indipendente e/o. È strano che il mondo editoriale parli tenacemente maschile, visto che le lettrici sono soprattutto donne e che adorano i personaggi femminili, anche quando si tratta delle semplici ragazze di campagna di Edna O’ Brian. «Non siamo messi bene», dice Janeczek. «Le donne sono sfavorite nei premi e per le scrittrici è più facile finire nel dimenticatoio, non rientrare nel canone». Il romanzo biografico di Janeczek racconta la vita di una donna ribelle, Gerda Taro, la compagna di Robert Capa: «Per me Gerda è il prototipo della donna libera, emancipata pur senza rinunciare ai suoi lati frivoli. Pare che molte delle foto firmate a nome Capa siano state scattate da lei, forse anche quella del miliziano colpito a morte». L’altra grande protagonista della dozzina è Natalia Ginzburg, vincitrice dello Strega nel 1963 con Lessico famigliare, alla quale Sandra Petrignani ha dedicato La Corsara: «Era una corsara, un figura severa che incuteva soggezione. Non rideva mai, ma era piena di umanità».
Non sono convenzionali le donne ritratte da questo drappello di scrittrici stregate. Non lo è Ilaria, che nel romanzo Sangue giusto di Melandri accoglie un nipote venuto dall’Africa che si porta dietro la storia coloniale dell’Italia. E non lo è la madre cattiva, delusa, rancorosa che Lia Levi mette al centro di Questa sera è già domani, ambientato nell’Italia delle leggi razziali. Per non parlare della protagonista del libro di Silvia Ferreri, La madre di Eva, che sceglie di operarsi per cambiare sesso (Neo edizioni).
Ed è una storia di ribellione ai pregiudizi anche quella di Angela Nanetti, altra candidata
Neri Pozza, con Il figlio prediletto, il cui tema è l’emarginazione: l’omosessualità e la condizione femminile nella Calabria
degli anni Settanta e di oggi. Qualche ulteriore notazione: non è tra i 12 candidati Severino Cesari. All’editor scomparso,
il premio dedicherà un ricordo. Fuori anche La nave di Teseo
e il bel libro
di Gianfranco Calligarich.
Mentre il romanzo sessualmente troppo effervescente di D’Amicis non potrà concorrere allo Strega Giovani. Tra la giuria dei 400 Amici della Domenica le donne sono solo un terzo.
Per Gerda e le altre è solo l’inizio.