Elishua, considerata benedetta dagli abitanti di quartiere, è una vecchina cristiana devota a San Giorgio con il quale intrattiene quotidiane conversazioni: il santo le ha promesso di esaudire una particolare richiesta e, quando una sera Elishua si imbatte in una strana figura di uomo, in quella figura crede di riconoscere il figlio scomparso in guerra 20 anni prima e della cui morte non si è mai convinta.
Frankenstein a Baghdad ci porta nella capitale irachena prima dello scoppio della guerra civile negli anni tra il 2005 e 2006, le truppe americane sono presenti sul territorio, la città è sfigurata dalle lotte settarie tra sunniti e sciiti, gli abitanti vivono divisi tra la quotidianità e un sentimento di timore misto a fatalismo: il prossimo attentato potrebbe colpire il loro quartiere, sterminare le loro famiglie. Ma se la narrazione della città emana il vissuto, l’umanità e la tensione del reale, già dopo poche pagine si intuisce che l’aurea di esoterismo proiettata dal racconto non è solo una suggestione, ma una trave narrativa portante.
Sadawi, in un’intervista, racconta dell’episodio ispiratore della storia. In ospedale, a seguito di un attentato terroristico, rimase colpito da un uomo a cui l’infermiere suggerì di visitare una camera adibita alla raccolta di resti umani e di scegliere le parti che gli occorrevano: l’uomo, al contrario di altri famigliari lì presenti per riconoscere i propri congiunti, non aveva infatti un corpo intero da identificare e portare a casa.
Il nome “Frankenstein” e la genesi della nascita di una creatura assemblata da parti provenienti da vari corpi rimandano immediatamente a Mary Shelly – omaggiata da una citazione – ma i debiti narrativi finiscono qui. Nel romanzo gotico è la hybris di Victor Frankenstein a dar vita alla Creatura frutto del desiderio di dominio sulla morte, e quindi di potere sulla vita, ma nel racconto di Sawaadi, Hadid il rigattiere mette insieme un corpo non per sfidare la morte, o realizzare un super-uomo, ma per consentire una degna sepoltura ai resti che altrimenti sarebbero lasciati tra le macerie dei luoghi distrutti dagli attentati. La spinta di Hadid non ha nulla a che vedere con il rifiuto della morte ma risulta piuttosto un’accettazione della stessa con una sacralità legata al folklore e alle leggende tradizionali.
La creatura denominata “Comesichiama” (Shesma in originale), animata dallo spirito di un ragazzo della sicurezza ucciso da un’esplosione e rimasto privo di corpo, inizia a percorrere le vie di Baghdad in cerca di vendetta per ciascuna parte del corpo di cui è composto. Ben presto lo spietato killer, dall’incredibile forza e impossibile da uccidere, diventa la preoccupazione principale per il governo, per la squadra speciale composta da agenti, spiritisti, veggenti e negromanti, ma conquista al tempo stesso anche un seguito di discepoli che vedono in questo essere la promessa di Salvezza, uno strumento di Dio o Dio stesso.
Il Comesichiama, nelle intenzioni dell’autore, è composto non solo di varie parti, ma riunisce in sé le varie etnie, razze e credi delle quali lo stesso popolo iracheno è composto. La creatura alla ricerca di vendetta assomma in un unico corpo vittime e colpevoli, spesso tali simultaneamente: innocenza e colpevolezza sono concetti filosofici e morali prima ancora che categorie giuridiche e, in un Paese costantemente in tumulto, occupato e dilaniato da fazioni in lotta tra loro, si rincorrono e si contaminano rendendo impossibile tracciare una linea di discrimine netta e precisa.
La componente spiritica e soprannaturale della storia pennella di horror e macabro un racconto che però ha la sua forza nel reticolato di trame che si intersecano tra loro per restituire l’immagine di una città popolata di uomini e donne in cerca di salvezza mondana e metafisica, in un momento storico in cui anche le azioni spicciole della quotidianità possono avere ripercussioni inaspettate e letali. In tempo di guerra il mondo degli spiriti non è meno agitato di quello degli uomini e sono anzi l’uno il riflesso del turbamento dell’altro, e Sawaadi si muove benissimo tra una dimensione e l’altra presentandole come un unicum.
Note
Frankenstein a Baghdad è pubblicato dalla casa editrice e/0, la traduzione è a cura di Barbara Teresi
Vincitore del Prize for Arabic Fiction (altrimenti detto il Booker arabo) nel 2014.
Comunemente, sbagliando, si attribuisce il nome Frankenstein al mostro quando è invece il nome del dottore. Nel romanzo ci si riferisce però al Comesichiama proprio come Frankenstein.