Sospeso nell’eterna attesa che incastra nei ricordi l’ispettore Gerri Esposito, nasce e prende forma il quarto romanzo di Giorgia Lepore “Il compimento è la pioggia” (edizioni e/o), un noir avvincente, pieno, profondo e pungente. Un delitto che si consuma tra la Bari Vecchia e il Quartiere alla estrema periferia ovest della città, due zone d’ombra sulle quali l’autrice punta i fari della narrazione, tra le bianche e scivolose chianche dei vicoli antichi e le case del Cep, con tende di velluto e mobili fucsia, addobbate con luci a cascata, perché inizia la festa di San Nicola, mentre termina l’opera istintiva e crudele di uno o più carnefici, autori di un omicidio efferato ai danni di una giovane donna, mamma di due bambini, con in grembo un terzo.
La narrazione viaggia in terza persona, ma quando si fa vicina e calda ai pensieri di quell’ispettore un po’ burbero ma buono, forse troppo buono, lascia il posto all’io, un io che ricorda, soffre ma agisce, che sente il dolore della gente, che anticipa pensieri e lascia sospesi in aria rimbrotti a difesa di una distanza di sicurezza e salvezza che segna “l’esclusione dalla vita degli altri”. “Quell’insano lavoro quotidiano di governare l’ingovernabile male del mondo” lo ha scelto tra tre alternative prese in considerazione mentre era ancora in collegio: il medico, il prete o il poliziotto. Una scelta presa “per quella ossessione di capire le cose, il mondo, di farlo obbedire a regole razionali”. Al centro del romanzo ha un posto speciale, che sa di coccole mancate, promesse non mantenute e lacrime di bimba, Jennifer, la figlia più grande della donna assassinata, vittima prima di un sordo e latente degrado sociale che del suo assassino ultimo. Una piccola eroina cresciuta troppo in fretta, che ha visto e vissuto già tanto per i suoi delicati cinque anni e che ora chiede solo di poter ricordare la sua mamma, facendo disegni con nomi, facce, posti “perché non voleva correre il rischio di dimenticare”. E come lei, la piccola Jennifer, anche l’ispettore Gerri vuole ricordare e rivive – bagnati da una pioggia che complice fa scivolare un destino che si compie – luoghi, voci e teorie, come quella di don Mimì sul male, paragonato ai fulmini che cadendo colpiscono chi capita e ai parafulmini in carne e ossa, persone che i mali se li prendono tutti salvando destini altri e che solo per questo andrebbero ringraziati e mai condannati. Alto senso di profonda umanità, visione piena dell’essere che come un elastico tira dal passato e tende al futuro, immagini pungenti di una vita quotidiana che scorre frenetica tra chi prega e chi impreca in uno straordinario romanzo impressionista che ferma scene e oggetti, li colora, li fa scorrere veloci per poi fermarli di nuovo e fissarli per sempre nel ricordo, nell’io, nell’attesa, in quell’assurda follia che rompe, sconvolgendo in eterno, la logica delle cose.