Quando si dice Venezia, si pensa, immancabilmente, alla Venezia repubblicana, alla Serenissima, a quella straordinaria potenza che, fra XV e XVIII secolo, sotto il controllo saldo e pragmatico dei dogi, estese la propria egemonia sulla penisola italiana e sul mar Mediterraneo, andando ad influenzare, politicamente e culturalmente, l’intera Europa e gran parte del mondo conosciuto allora. La Venezia rinascimentale di Bellini, Tiziano e Giorgione, dunque, ma anche quella seicentesca del Barocco e quella settecentesca di Goldoni.
Ma come era Venezia prima di Venezia, ovvero durante il Medioevo? «L’angelo del mare fangoso. Venetia 1119 d.C.» (Edizioni e/o, 2018), ultimo romanzo di Roberto Tiraboschi, cerca di dare una risposta a questa domanda. «Il libro è l’ultimo di una trilogia ambientata nella Venezia del Mille — racconta Tiraboschi, drammaturgo e sceneggiatore bergamasco che vive fra Roma e Venezia e che può vantare collaborazioni con registi del calibro di Marco Pontecorvo e Silvio Soldini —, una città di fango e capanne di legno, molto diversa rispetto a quella che popola l’immaginario comune». Una scelta, quella dello scrittore, scaturita dall’amore per questa città e per una forte curiosità. «Il mercato librario è saturo di romanzi ambientati nella Venezia “classica”, se così si può definire — spiega l’autore che, nel 2009, con i romanzo «Sonno» (Edizioni e/o, 2007), ha vinto il Premio nazionale di narrativa Bergamo —. Volevo scrivere qualcosa di interessante e originale, su una città che conosco fin da bambino. Inoltre, mi son sempre domandato come fosse, in realtà, la società veneziana medievale. Da qui l’idea, dopo una lunga documentazione durata due anni e lo studio attento delle fonti, di questa trilogia».
Se nei primi due volumi, «La pietra per gli occhi. Venetia 1106» (Edizioni e/o, 2015) e «La bottega dello speziale. Venetia 1118» (Edizioni e/o, 2016), il protagonista principale era il chierico dell’abbazia di San Colombano, Edgardo d’Arduino (che si doveva confrontare con il mondo degli antichi vetrai e degli speziali), in quest’ultima avventura, che assume i caratteri di un vero e proprio thriller storico, denso di mistero e colpi di scena, il giovane Edgardo risulta essere una figura marginale. «Ne “L’angelo del mare fangoso”, i protagonisti principali, sempre credibili e tipicamente medievali, sono Kallis, Magdalena e Abella, tre donne molto diverse fra loro, ma tutte alla ricerca di uno spazio in un mondo dominato dal potere maschile — continua Tiraboschi —. Ovviamente, proprio per questo, appartengono alla borghesia emergente e occupano un ruolo attivo nella società patriarcale del tempo. Proprio in virtù del loro ceto, donano spessore e vivacità all’intreccio del romanzo». Le loro storie, all’interno dell’opera, si incontrano con quelle del sapiente Turchillus, del cantore Anuar e del musicus Abelardo, in una cornice medievale fatta di colori, profumi e incanto.
«Il Medioevo non è stato un secolo buio, ma, al contrario, pieno di stimoli e bellezza, che ha racchiuso i primi germi della rinascita — la chiosa del bergamasco —. Penso al moderno pentagramma, che nasce proprio poco prima del Mille con Guido d’Arezzo; oppure al sapere greco, giunto fino a noi per merito di arabi e persiani e grazie ai monaci amanuensi cristiani e al loro lavoro di traduzione e trascrizione. Bisogna tenere bene a mente tutto ciò, per capire l’importanza di quest’epoca, che non finisce mai di stupire e di narrare. Oserei dire che il Medioevo è un po’ come la Venezia del mio libro, quella del Mille: al centro di un mare fangoso, si libra, quasi per miracolo, uno splendido angelo».