È ispirato a una storia vera, quella di Luciano, l'amatissimo marito, il volume di Lia Levi, scrittrice nata a Pisa da una famiglia piemontese di origine ebraica, "Questa sera è già domani", Edizioni e/o. Un romanzo che si carica di un valore forte, a ottant'anni dalla promulgazione delle leggi razziali. A prendere forma, fra angoscia e speranze, è la lotta per sopravvivere di un giovane ebreo genovese, attraverso un impervio cammino verso la Svizzera. Levi si interroga su una tema che appare quanto mai attuale, a partire da una vicenda umana in cui alcune storie sembrano ripetersi, in cui non sembra esserci altra scelta che fuggire quando si è perseguitati nella terra dei propri avi, in cui diventa difficile trovare un paese che sia realmente disposto ad accoglierci. Punto di partenza del romanzo di Levi una poesia di Emily Dickinson, “Questa sera è già domani”, sulle tracce degli ebrei in fuga prima e durante la II Guerra Mondiale con uno sguardo rivolto al dramma dei migranti. Uomini, donne e bambini, persone come il nonno Luigi, la zia Wanda, la stessa Emilia e Alessandro, trasformatisi da un giorno all’altro in profughi all’interno della propria patria. Nella Genova del 1932 la famiglia Rimon è composta da Marc, tagliatore di diamanti, di origine olandese con passaporto inglese, da sua moglie Emilia, e dal piccolo Alessandro, un bambino di cinque anni molto sveglio, precocissimo, già capace di leggere e scrivere, pronto a saltare anni di scuola. In casa con loro vive anche il nonno Luigi, ferroviere in pensione, mentre la zia Wanda e lo zio Osvaldo, lui facoltoso commerciante, vivono nei pressi e sono molto uniti, anche se le due sorelle sono diverse e in parte rivali. Solo alcuni di loro, dopo la promulgazione delle leggi razziali, sceglieranno di partire, Marc, frenato da Emilia che caparbiamente si rifiuta di abbandonare la sua città, la casa, gli affetti, aspetterà troppo e la sua via di fuga in Inghilterra si chiuder. Potrà così essere domani solo nella Svizzera italiana dove i Rimon troveranno rifugio, per la caparbietà di Alessandro.