La differenza tra scrittura maschile e scrittura femminile non esiste. La scrittura è una forma di espressione, talvolta d’arte. È ciò che sta dietro la scrittura – l’esperienza, le sensazioni, le percezioni – a marcare la differenza. Uomini e donne sentono, vivono, attraversano la vita in maniera differente (per fortuna). Ho pensato questo mentre leggevo Lucky di Alice Sebold (E/o editore, traduzione di Claudia Valeria Letizia) e Marie aspetta Marie di Madeleine Bourdouxhe (Adelphi editore, traduzione di Graziella Cillario), due libri che solo in apparenza hanno poco in comune. In realtà fanno entrambi luce sullo spirito femminile, seppur in contesti e ambientazioni diversi.
Una sera di maggio del 1981 una studentessa di nome Alice cammina per strada da sola. Si accorge che qualcuno la sta seguendo, si spaventa e accelera il passo. In un tempo incalcolabile ma destinato ad espandersi nella coscienza, l’uomo si avventa sulla ragazza, armato di coltello per violentarla. Lei lotta, col corpo e con la mente, soprattutto con la mente. Con le parole – che sono già il suo mondo – e domando il terrore e l’umiliazione – Alice tenta di evitare che quel mostro la uccida. Alice si salva la vita: da quel momento per tutti è lucky, cioè fortunata.
Ma dove sta la fortuna nell’essere vittima di uno stupro che oltre a segni sul corpo, lascia lividi nell’anima? Il percorso psicologico (complicato, lento) di Alice Sebold accende un faro su un dramma sociale irrisolto, ed anzi, sempre più in espansione: la violenza sulle donne. Il titolo del testo preannuncia l’ironia e il sarcasmo, talvolta spiazzanti ma salvifici, di cui Alice è dotata. Leggere Lucky richiede stomaco: si va giù nel torbido, tra immagini e parole che hanno a che fare con la brutalità, il pregiudizio, la condanna morale. La determinazione di Alice le permette di scavalcare la mortificazione e di conferire alla storia un finale diverso: la risalita di una ragazza prima e di una donna poi che ha sfidato la paura, che l’ha sviscerata, narrata e comunicata. Da leggere.