(...) Molto cauto è invece Ahmad Sadawi, autore quarantacinquenne di Frankenstein a Bagdad, il romanzo che più di ogni altro racconta gli orrori del terrorismo. «Siamo usciti dal tunnel, l'Isis è battuto, per ora. Ma non so giudicare se sia una vittorìa completa, o piuttosto una tregua. La realtà è che i nostri politici sono troppo condizionati dai poteri che ci dominano dall'esterno. Siamo vittime dello scontro tra Washington e Teheran. Occorre fare di tutto per inquadrare nell'esercito le milizie sciite e placare il risentimento sunnita». Come il suo fantasiosamente lugubre Frankenstein, composto dai pezzi di cadaveri lacerati dalle bombe, era la metafora degli incubi collettivi, così nel nuovo romanzo appena pubblicato in arabo, La porta di gesso, Saadawi fantastica di riportare il Paese ai giorni precedenti l'invasione Usa. «Immagino varie opzioni: gli americani non attaccano; oppure l'Onu prende il posto di Saddam; o ancora l'Iran interviene; o vince subito la democrazia. In ogni caso, il prezzo della nostra attuale libertà è troppo alto. Sarebbe stato meglio se Bush non ci avesse invaso», spiega a «la Lettura». Il suo discorso s'ammanta però di speranza quando parla di Bagdad: «Questa è una città sensuale che ama la vita carnale, amiamo bere alcol, mangiare bene e tanto, fare l'amore, ridere, divertirci. Il fanatismo religioso ci è estraneo. Lo lasciamo agli iraniani, ai sauditi. Già oltre cinquemila anni fa Gilgamesh litigava con il divino, odiava precetti e costrizioni, mirava all'immortalità come fosse Dio». (...)