Renée Michel è una “vedova, bassa, brutta e grassottella”, ha cinquantaquattro anni e da ventisette fa la portinaia al n. 7 di Rue de Grenelle, un palazzo elegante, abitato da famiglie aristocratiche e facoltose.
Renée è figlia di nessuno, non è attraente, non ha ambizione, e come direbbero i francesi non ha savoir faire. Usa un linguaggio a metà tra il rozzo e il volgare, compra prodotti scadenti, ma in realtà è una donna dai molteplici interessi e dalla cultura smisurata. Ama moltissimo l’arte e la lettura (Tolstoj in particolare), ma preferisce tenersi tutto dentro, non far trasparire nulla e non condividere nulla con gli altri.
La sua vita dev’essere invisibile, deve apparire piatta e monotona, così come lo è il suo lavoro. Tante volte ha dovuto far conto con quelle occhiate piene di pregiudizio, che ormai ci ha fatto l’abitudine; ha paura di mostrarsi diversa da come gli altri la vedono e di ciò che questo potrebbe scatenare.
Paloma invece di anni ne ha 12, vive al n. 7 di Rue de Grenelle ed è un’adolescente acuta, con un’intelligenza sopra la media, anche se la sua famiglia è totalmente insulsa. La madre si dedica più alle piante domestiche che a lei e ripete spessissimo frasi fatte, il padre è sempre concentrato sul lavoro e la sorella, pur essendo borghese fino al midollo, pensa di essere una grande rivoluzionaria.
Per fuggire da questa condizione di malessere, Paloma decide di tenere due diari, in cui poter esprimere i suoi pensieri e la soluzione ad ogni problema, che secondo la sua visione dei fatti, altra non può essere che il suicidio. Solo così infatti potrà liberarsi da tutti gli indottrinamenti forzati, a cui vogliono costringerla genitori e parenti. Si tratta ovviamente di una trovata estrema, che però riesce a farci ben capire tutta la determinazione e l’infelicità della ragazza, incompresa e nemmeno poi tanto amata.
Quella di Paloma e quella di Renée sono quindi due esistenze apparentemente inconciliabili, ma in realtà molto vicine. Le due donne si incontrano, e soprattutto grazie ad un terzo personaggio, il saggio e profondo Kakuro Ozu (anch’egli abitante del palazzo in Rue de Grenelle), instaurano una profonda amicizia, che le legherà fino alla fine del romanzo.
La penna dell’autrice si rivela inconfondibile grazie alle profonde riflessioni filosofiche sul senso della vita che ci offre, e in cui la aiuta sicuramente la sua professione di professoressa. Per questo penso che L’eleganza del riccio sia un libro da gustare a piccole dosi, in modo tale da interpretarlo al meglio e farlo nostro nel modo più completo possibile.
L’autrice tocca tante tematiche fondamentali, in cui ognuno di noi può ritrovarsi, dal perché viviamo in un mondo schiavo delle apparenze, senza saper più assaporare le piccole cose, al perché non riusciamo ad aprirci con l’altro, e lo fa con delicatezza, mettendo a nudo le anime di queste due donne che ha creato, lasciando anche a noi la possibilità di scartare un poco alla volta quegli strati che le dure e dolci Renée e Paloma hanno indossato per proteggersi, proprio come fa il riccio con i suoi spinosi aculei.