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Medea di Christa Wolf

Autore: Deborah Turcato
Testata: Leggere a Roma
Data: 9 gennaio 2018
URL: https://leggerearoma.wordpress.com/2018/01/08/medea-di-christa-wolf/

“Sai che cosa cercano, Medea? mi chiese. Cercano una donna che dica loro che non hanno colpe; che sono gli dei, oggetto casuale di adorazione, a trascinarli nelle loro imprese. Che la scia di sangue che si lasciano dietro fa parte della mascolinità così come gli dei l’hanno determinata. Grandi bambini terribili, Medea.”

Medea – Voci di Christa Wolf è un romanzo corale, a più voci. Undici monologhi si alternano, da punti di vista incrociati, raccontando la storia di Medea nella successione cronologica in cui si sono svolti i fatti. A parlare sono i diversi personaggi, protagonisti della tragedia, in un flusso di coscienza viscerale. Il romanzo ribalta completamente il mito di Medea, così come lo conosciamo da secoli. Medea non è un’infanticida! E’ una guaritrice, depositaria di una conoscenza antica e proprio per questo odiata e temuta dai potenti, ammirata e adorata dagli umili. E’ una straniera a Corinto, città che non la accoglierà mai, che non la capirà e la farà sempre sentire fuori posto. Perché la sua sicurezza è scambiata per arroganza, perché la sua conoscenza fa paura. Con lei non si può fingere, lei guarda dentro l’altro e lo costringe ad affrontare i propri limiti, la propria vigliaccheria, il proprio opportunismo. E’ quello che fa anche lei con se stessa, anche a costo della vita. Così, la donna che è divenuta archetipo psichico del femminile castrante che, come dona la vita, la toglie, è qui qualcosa di completamente diverso. Rifacendosi a fonti attestate nei secoli, e in particolar modo alla testimonianza di Apollonio Dorio, la scrittrice tedesca torna alle origini, scavalca Euripide, che fu pagato 15 talleri dalla corte corinzia per scrivere una tragedia che rivalutasse la città, e presenta Medea come una donna vittima dei complotti di corte e della violenza maschile. Medea è una donna che ama appassionatamente, è una donna selvaggia, che non si piega ai compromessi e ai rituali di corte, che segue la sua seconda vista e che è volutamente fraintesa e usata come capro espiatorio da un potere, quello maschile, che la teme e, temendola, la usa. Al ribaltamento di una figura archetipica, che da negativa diventa positiva, si affianca un ulteriore rovesciamento di piani. Il dualismo che scorre in tutto il romanzo non è più tra la razionalità greca e l’oscurità dei barbari, come voleva Euripide, ma tra la primitiva e istintuale civiltà matriarcale e la moderna e civile civiltà patriarcale; tra le ragioni di stato e quelle della coscienza. Il mondo degli uomini è sinonimo di violenza, sopraffazione, soprusi e manipolazione; quello femminile di istinto, intuito, emozioni, passione. Certo, non tutti gli uomini sono carnefici e non tutte le donne sono vittime…. Oistros, il giovane scultore, ama Medea di un amore sincero, privo di volontà di potere; Agameda invidia Medea tanto da odiarla e tradirla senza rimorsi. Ma il concetto che sta alla base dell’interpretazione della Wolf è che da una civiltà matriarcale, come quella a cui Medea appartiene, non può nascere un’infanticida, mentre sono le donne che subiscono la civiltà patriarcale quelle che si spengono nel dolore o si accendono nell’ira, perché hanno perso se stesse, hanno smesso di ascoltarsi piegandosi al volere degli uomini che le vogliono addomesticare. Medea, dunque, non piace al potere, che sente di non poterla assoggettare. Inoltre la guaritrice straniera ha visto ciò che non doveva vedere, sa che la luminosa Corinto fonda il suo splendore su un atroce delitto, il sacrificio di una figlia da parte del padre, il re di Corinto. E deve pagare la sua colpa. Quando il clima della città diventa pesante, l’astuto Acamante, braccio destro del re, indirizza contro di lei l’odio del popolo, e con un’accurata campagna diffamatoria le toglie autorevolezza. Ma prima di sferrare il colpo letale, deve trovare un pretesto, perché la verità non deve venire a galla. Il tradimento e la delazione della favorita di Medea fa scattare la trappola. Basta poco e l’ammirazione del popolo verso la straniera si trasforma in odio e rabbia. E’ lei la colpevole della carestia, della peste e poi del terremoto… La donna che guarisce e che affonda la sua sapienza in un sapere arcaico diventa in breve il male da estirpare. Solo allontanandola, costringendola all’esilio, Corinto potrà tornare a essere gloriosa. E’ lei la vittima sacrificale e il popolo, manipolato, si scaglierà contro di lei e poi contro i suoi bambini, che moriranno lapidati. I figli di Giasone che, ormai privo di autorevolezza e rispetto, a un passo dal coronare il suo sogno di diventare re di Corinto, si ritrova reietto sulla spiaggia, all’ombra della sua eroica nave, a bere come un alcolista.

Un romanzo intenso, dove la scrittura si fa densa e corposa sulle labbra della protagonista e di Agameda che, corrotta dall’invidia, tradirà la sua maestra; diventa lucida e razionale nella bocca di Acamante, il cospiratore; si trasforma in passione e rabbia sulle labbra di Giasone, l’eroe che diventa vittima del sistema. Un romanzo viscerale, che scava nel torbido e riporta in superficie, come in un flusso di coscienza, le emozioni e le contraddizioni dell’animo umano; il contrasto insanabile tra sfera privata e dimensione pubblica, tra giustizia e opportunismo, tra verità e menzogna. Un capolavoro!