Antonio e Rosa, al centro dell’ordito ci sono proprio loro.
Due adolescenti in piena rivoluzione emotiva, che si sentono attratti l’uno dall’altra e che in qualche modo vivono la loro storia contrastata, espressa in sotterfugi e complicità di amici pur di riuscire a vedersi, quasi come una riedizione della tragedia di Shakespeare rivista in chiave moderna, con cui lo stesso autore gioca senza nasconderlo.
Ma è tutto opposto, va oltre alla storia nota, per seguire un percorso tutto suo. Siamo nei giorni nostri e i due giovani rappresentano la nuova generazione appartenente a Napoli e alla Campania, con l’unico ostacolo insormontabile delle loro origini: Rosa è della famiglia Musso, la stessa la cui madre di Antonio, Mariasole Vient ‘e terra, è in rivalità da nove anni dopo aver preso il comando della Confederazione camorrista di Acquastorta, proprio con l’omicidio dello zio della ragazza la donna ha affermato il suo indiscusso potere.
Ma è una forza che può sgretolarsi nella misura in cui il ruolo si scontra con il sentimento di madre che vorrebbe preservare il figlio dal dolore, dal destino che potrebbe ritorcersi contro di lui e che Mariasole conosce.
Siamo con questa opera di Carrino al terzo capitolo della lunga vicenda principiata proprio con l’ottimo Acquastorta, e proseguito poi con La legge di Mariasole, e in questa terza puntata ritroviamo lo stile dell’autore che sa muoversi nell’utilizzo della lingua in modo sopraffino, consentendo di mantenere alto il tenore del narrato fino alla fine, col lettore che non riesce a staccarsi dalle pagine.
I contenuti del libro sono molteplici, intersecati tra loro: la gestione del lutto, l’assenza del padre e del compagno, il senso di famiglia così come l’amore vero, proprio quello provato dagli adolescenti, capace di triturarti il cuore dopo avertelo strappato dal petto eppure capace di mantenerti vivo. E ancora, tema centrale, il segreto: l'assenza delle proprie origini e il desiderio di poterle rivelare, come nel caso di Arturo che si imbatte in Antonio e si assume il ruolo di difensore per dei motivi che non osa rivelargli e che scopriremo solo a trama avanzata. Ma il tempo è un danno in questa storia: più va avanti, più diventa inesorabile, senza guardare in faccia nessuno dei protagonisti.
Una forte incidenza è detenuta dall’ambientazione, a livello sociale così come a livello di dialogo: siamo in campana, dove gli intercalare si intersecano nello scambio di battute così come nei pensieri intimi delle varie pedine che si muovono sulla scena in modo preciso, cadenzato. Il sistema della malavita che imbriglia le vite di tutti quanti loro tra sparatorie e vendette, tra comando e riciclo dei soldi sporchi, una ricostruzione più che mai intensa, a tratti spaventosa, perché capace di permeare le esistenze senza sconti di alcun genere.
Non è più un modo di vivere, ma diventa l’essenza stessa delle persone, qualcosa che fa parte di loro, senza alternative, per quanto sia la seconda opportunità quella che tutti ricercano, soprattutto Mariasole, per il suo stesso figlio, il sangue del suo sangue. L’unica ragione per non mollare.
Alcuni avranno il mio perdono è un romanzo vibrante, capace di coinvolgere il lettore nei suoi meandri senza mai voler arrivare all’uscita. Una lettura che diventa esperienziale facendo luce su un mondo per tanti di noi lontano, perché irrimediabilmente allocato nella realtà locale, che ci insegna un principio semplice: l’amore va oltre e ci porta lontano, sì. Ma da solo non basta. E Antonio e Rosa in ciò ne sono i testimoni diretti, rendendocene partecipi.
Giudizio: * * * *