Tra il romanzo, il resoconto etnografico e l'indagine sociale, una storia brevissima e fulminante che non concede scampo. L'ultimo libro di Massimo Carlotto: "Niente più niente al mondo".
Il Giallo? E racconto sociale. Questa lintenzione, la convinzione di Massimo Carlotto, che di gialli ne ha scritti. Ma gialli particolarissimi, dove il detective nel suo caso lAlligatore si rivela strumento dindagine per sondare i labili confini tra legalità e illegalità, pena e espiazione, innocenza e colpevolezza. Chi sono, oggi, i protagonisti delleterna lotta tra bene e male? Come riuscire a riconoscerli? In che modo stabilire qualche certezza sui crimini che hanno afflitto e affliggono il Belpaese? Carlotto ha scelto la via della scrittura giallistica per comprendere questa società in evoluzione. Una ricerca che con il suo ultimo libro raggiunge il picco massimo di schiettezza e di rigore.
Niente, più niente al mondo: appena 68 pagine di scrittura scarna e diretta. Quasi un racconto etnografico: non cè detective, non cè indagine se non quella dello stesso autore e di noi che leggiamo. Cè però un contesto, ossia la Torino post-operaia in cerca di unaltra identità. Cè un delitto. E cè una voce, soprattutto, che nel finale viene raddoppiata dalle pagine di un diario. La voce è quella di una donna di 45 anni, domestica a ore. Racconta in prima persona la propria quotidianità, sempre uguale da anni e anni di matrimonio. Descrive la geografia del suo mondo attraverso i fantasiosi e allettanti nomi dei discount alimentari. Analizza con lucida e spietata consapevolezza la grigia fissità dellesistenza di cui è vittima. Ripone le proprie speranze di riscatto nellunica figlia.
Già, la figlia. È bellina, la ragazza. Potrebbe sfondare in televisione o nel cinema, se si cominciasse a muovere nella giusta direzione e desse retta alla madre. Ma lei non è interessata a questo genere di vita. Ha scelto di lavorare come pony express e di indossare jeans, maglioni sformati, scarpe da ginnastica. Un affronto. E un terrore. Il terrore di vedere la propria vecchiaia avanzare senza nessuna sicurezza. La madre la nostra 45enne è ormai infiacchita dal tentativo quotidiano di far quadrare i conti. Soldi non ce ne sono mai stati tanti. Sicuramente troppo pochi rispetto a quelli delle famiglie della Torino bene presso cui, settimana dopo settimana, va a lavorare. Troppo pochi rispetto alle vite incapsulate nello schermo televisivo. Troppo pochi perfino per andare in vacanza. La tragedia potrebbe essere evitata se la voce di questa donna trovasse ascolto, se i suoi pensieri non rimanessero ancorati ai modelli consumistici e se da qualche parte riuscisse a riconoscere un po damore. Ma è molto difficile guardarsi dallesterno, ancora di più se non si hanno gli strumenti adatti. E il fato si compie.
Carlotto ci presenta i nostri poveri. Raccoglie la loro voce come Pasolini aveva fatto ai suoi tempi. Ma non cè più grazia nella loro esistenza, e leco del mondo contadino è troppo debole per riuscire a formarne lidentità. Niente, più niente al mondo citazione da Il cielo in una stanza - già dal titolo fa professione di nichilismo: non cè affetto, non cè tolleranza, non cè speranza, non cè lo Stato, non cè più vita. Una denuncia che potrebbe sembrare anacronistica a quelli che abbracciano lipocrisia di unItalia ormai definitivamente votata al benessere. Ma qualcuno ancora vive così, e il giallo sta tutto nel decidere se queste persone siano veramente colpevoli dei crimini che compiono.