Molti guardano al mare e perdono il loro sguardo nella pace o nel desiderio di trovarla. Altri cercano nell'orizzonte il prossimo presente da vivere, magari senza mai muoversi dalla riva. I più temerari solcano le onde in caccia di vento, iodio e futuro. Michel Bussi no, non nei suoi libri. Il mare di Michel Bussi sbatte forte le sue onde su scogliere ripide e inospitali. Il mare minaccia, sfondo luminoso o tetro, ma sempre inquieto, è quel limite inospitale posto al margine di una terra inospitale. Giacché sulla riva si approda sconfiggendo la buriana, l'erta salita, l'orrido petroso, o percorrendo strade piene di curve (curve che possono essere fatali, come nel precedente Tempo assassino), superando l'ostacolo di vecchi patriarchi ostili o commissari minacciosi.
Jamal Salaoui ha trent'anni, è un atleta, la carnagione più che ambrata del mediterraneo del Sud, una gamba di meno (persa in un modo misterioso, che ogni volta nel racconto si fa diverso), sostituita da una protesi in carbonio. Arriva in Normandia, a Yport, per prepararsi alla corsa più dura, l'ultra-trail del Monte Bianco, una sfida che ha messo in cima alla lista del suoi desideri da realizzare prima di morire.
Il primo ostacolo da affrontare lassù in Normandia è il freddo, il vento che schiaffeggia il volto mentre si corre, la nuvola di pioggia pungente che penetra le ossa. Ma il secondo ostacolo è anche peggio. Sulla scogliera Jamal vede una ragazza. L'avvicina. Sembra che lei stia per buttarsi giù dalla rupe. Non sembra soltanto, si butta davvero giù da basso. Praticamente sfuggendo dalle mani che cercavano di afferrarla. Un volo di più di cento metri. Il corpo che si ferma soltanto schiantandosi a terra, cadavere sulla spiaggia gelata di sabbia e ciottoli.
Due altri testimoni accorrono con Jamal accanto al corpo senza vita della giovane. Poche battute ed è subito chiaro che, nonostante abbiano visto nulla, questo trentenne forestiero, con una gamba bionica, di origine magrebina è il candidato ideale per essere additato come sospetto. Poche ore e in commissariato questa candidatura ideale diventa un'investitura ufficiale. Jamal fugge, trasformandosi così nel ricercato perfetto.
Il resto è da leggere in Mai dimenticare, il nuovo incubo del quotidiano che Michel Bussi racconta tornando (dopo la fuga in Corsica) nella sua Normandia. Certo, scrivere «incubo» può portare fuori strada. Ma basta un attimo per tornare in carreggiata: l'incubo non è soltanto quello parossistico e fiabesco di Stephen King. L'incubo può essere quello delle favole ribaltate di Bussi. Quelle che raccontano di giornate storte che diventano dannazione. Di quelle curve improvvise che diventano morte o maledizione. Di quell'incontro fugace che potrebbe essere amore e invece diventa omicidio (oppure suicidio). Insomma, di questa diavolo di vita che una mattina trasforma una corsa di fronte al mare in una fuga per la libertà da una gabbia che qualcuno costruisce attorno senza nemmeno farsene accorgere.
L'abilità di Bussi in questo nuovo capitolo della sua epica del «qualcosa poteva andare storto e infatti è andato storto: qualcuno ci ha rimesso le penne, qualcun altro la felicità», è di far sprofondare chi si lascia raccontare la storia in un gorgo di sospetti e dubbi su quello che fin dall'inizio dovrebbe invece essere un perfetto innocente.
A dire il vero, persino il protagonista entra in quel gorgo, arrivando a dubitare di se stesso, dei suoi ricordi, della musa bellissima che si trova accanto, Mona, la sirena dell'Hotel Le Sirene, una via di fuga (o solo una possibile via di fuga, o addirittura una nuova sconfitta), non solo dalle accuse di omicidio.
La notte avvolge la fuga di Jamal, inseguito da un commissario ambiguo, che gioca a fare sia il poliziotto buono che il poliziotto cattivo, inquietante con quei capelli troppo lunghi per la sua età ed il ruolo, mentre tutt'attorno i testimoni scompaiono o scompare la loro memoria, vecchi omicidi tornano a raccontare il loro identico dramma, in un gioco di doppie identità, anagrammi, sostituzioni, travisamenti, persino fantasmi, di intere biografie che si sovrappongono, con i loro incroci di dolore, di rimpianto, di morte. O forse, ma solo in fondo, di vita.