Un romanzo pieno di forza, di accettazione ma mai di resa. La storia inizia con l’epilogo: Susie, la dolce, sensibile e timidissima adolescente quattordicenne è morta. È stata stuprata e assassinata dal suo insospettabile vicino di casa, un uomo che sembra essere gentile e quasi attento a non infastidire, ma che in realtà è un serial killer senza pace che ha già ucciso e che non smetterà di farlo. Ed è proprio Susie che fin dalle prime pagine ci porta a conoscenza del nome del suo assassino e di ciò che le è successo.
Susie non c’è più ma ci racconta la sua storia dal suo personale cielo, un cielo dal quale lei continua ad osservare il mondo, a vivere la quotidianità della sua famiglia, a tifare per suo padre che non smette di cercare la verità, fintanto da riuscire quasi ad interferire con la forza e l’amore che al padre la lega.
“Quand’ero viva non avevo mai odiato nessuno. Ma ora l’odio era tutto ciò che avevo. Lo voglio morto, lo voglio morto e freddo, senza più sangue nelle vene. Guardami, guardami come mi ha ridotta, che sono adesso? La ragazza morta? La ragazza perduta? La ragazza scomparsa? Non sono niente!”
La grande e cruda tragedia che avviene a questa famiglia, la perdita della loro bambina in uno dei modi peggiori possibili ed immaginabili, il dolore e la sofferenza, la paura, quella che ti attanaglia e ti rende inconfutabilmente preda, viene raccontata dalle parole di Susie,che non perde la freschezza della sua età, l’ingenuità dell’adolescenza, ed il risultato è una narrazione delicata e intensa, ma allo stesso tempo ironica e quasi lieve.
Susie non riesce ad abbandonare completamente la vita terrena, rimane lì in una sorta di limbo, legata alla sua mamma devastata dal dolore, a suo padre che non si dà pace per l accaduto e per non sapere dove sia finita la sua bambina, a sua sorella e a suo fratello che sentono infinitamente la sua mancanza.
“Ero nell’azzurro orizzonte, tra il cielo e la terra, i giorni tutti uguali e ogni notte sempre lo stesso sogno, l’odore della terra umida, l’urlo che nessuno udiva, il suono del battito del mio cuore, come un martello su un pezzo di stoffa, e le sentivo chiamare, le voci dei morti, volevo seguirle, trovare un’uscita, ma mi ritrovavo sempre davanti alla stessa porta, sapevo che se fossi entrata, non ne sarei mai uscita”
Leggere “Amabili resti” significa calarsi in uno spaccato di cronaca che purtroppo sempre più spesso è davanti ai nostri occhi. Vi troverete immmersi completamente tra le pagine, alla fine vi chiederete se questa è soltanto una narrazione o una storia vera, vi troverete a pregare anche voi stessi per la verità, per la giustizia, perché forse almeno qui, tra le pagine di un libro, desideriamo tutti che giustizia sia fatta, sapendo che purtroppo nella vita spesso questo non accade.