“Isole minori” è il romanzo d’esordio di Lorenza Pieri. Per diversi anni la scrittrice ha lavorato nel mondo dell’editoria per poi decidere di mutare dimensione ed impegno. Un debutto più che dignitoso, non v’è dubbio. Un romanzo dall’architettura piuttosto complessa e all’interno del quale vengono condensati i primi quaranta anni di vita di Teresa, la protagonista oltre che probabilissimo alter ego della stessa autrice. L’isola minore del titolo corrisponde ad un’entità geografica definita, l’Isola del Giglio, ma simboleggia anche un’entità umana, Teresa, per l’appunto. Una duplice valenza che si snoda e si estende attraverso l’intero romanzo perché pare proprio che chi nasca e viva a lungo su un’isola non possa evitare di portarsela addosso per tutta la vita. Anche quando tenta di allontanarsene o di rinnegarla, l’isola ritorna e richiama, incanta e incastra. Insomma: non si riesce a liberarsene completamente.
Teresa è un’isola ma un’isola minore. Intorno a lei gravita poco o nulla. Pare più un satellite che un pianeta ben fatto. Perché la condizione “minoritaria” del luogo in cui è nata e vissuta sembra esserle impressa nel dna o ancora più a fondo. Teresa è timorosa, credulona, ingenua ed irresoluta. Minore nel senso di secondaria, marginale, trascurabile. Mica come sua sorella Caterina! Lei è la maggiore praticamente in tutto. E’ la sorella combattiva ed irriverente, la ragazzina dai capelli rossi e dal carattere vulcanico, la figura in primo piano, il centro del sistema, la forza che pretende, plasma e distrugge. “Caterina il sole, io nella sua ombra. Caterina che piange di rabbia, io che rido per niente. Caterina e le sue storie, io il suo pubblico. Caterina l’avvocato, io il cliente assolto. Caterina rossa, tra i rovi e l’erba secca, io mora, tra i papaveri e le ginestre. Caterina continente, io isola minore“.
Il romanzo parte nell’agosto del 1976 quando al Giglio si svolge una clamorosa protesta degli abitanti che bloccano il porto dell’isola. Gli isolani si oppongono in maniera decisa all’arrivo di Franco Freda e Giovanni Ventura, i due neofascisti imputati della strage di piazza Fontana avvenuta a Milano nel 1969. Tra i manifestanti c’è Elena, la Rossa, la mamma di Caterina e Teresa. “Nell’estate del ’76 aveva trentatré anni. Era rossa di capelli, alta, con il viso e il corpo coperti di efelidi e gli occhi di quel colore marrone bruciato che spesso accompagna le chiome infuocate. Era di una bellezza selvaggia e ferina. Qualcuno l’aveva soprannominata la Leona, ma alla fine tutti la chiamavano la Rossa, per via dei capelli ma soprattutto per le sue idee politiche. La Rossa era più facile temerla che amarla“. Caterina e Teresa vorrebbero capire di più ed essere coinvolte in quel caos tanto diverso dalla solita vita isolana, ma sono troppo piccole ed è meglio che restino in cucina con Nonnalina. Avranno tempo per farsi spiegare cosa siano i terroristi e perché è meglio che restino fuori dal Giglio. Caterina e Teresa vivono sull’isola per una sorta di bizzarra coincidenza: il padre aveva scelto per puro impulso di rilevare il San Lorenzo, l’albergo in cui lui ed Elena erano ospiti da qualche giorno. “Gli era bastato guardare fuori dalla finestra del salone: lo scoglio della Gabbianara, il mare, un limone carico di frutti. Nel giro di tre giorni avevano firmato il contratto. Poche settimane dopo mia madre aveva scoperto di aspettare un bambino. Era tornata qualche giorno a Bologna per organizzare il trasloco delle sue poche cose e a ogni amico che aveva salutato aveva detto: «Vado a vivere su un’isoletta e sono incinta, se è maschio lo chiamo Arturo». Più vedeva incredulità nei loro occhi più si sentiva felice“.
La voce di Teresa racconta dell’isola e dei suoi incanti, delle stagioni di sole accecante e mare e di quelle di profonda noia senza turisti né novità, ma racconta soprattutto il legame profondo con Caterina e l’amarezza nel sentirsi costantemente inferiore rispetto a sua sorella alla quale riconosce senza affanno il ruolo di figura principale ed autoritaria. Teresa si rassegna quasi pacificamente alla sua innata ed inevitabile soccombenza. Gli anni trascorrono ma i ruoli restano quelli che sono sempre stati. Anche quando ormai nessuna delle due vive più sull’isola ed entrambe hanno radicato la loro esistenza altrove. Col tempo, però, per Teresa sarà necessario tornare a confrontarsi con quella minuscola porzione di terra circondata dal mare sulla quale è cresciuta e contro la quale ha tentato invano di combattere. C’è da fare i conti con la nostalgia, con le responsabilità, con la colpa e persino con un disastro navale che, in una notte del 2012, ha portato l’Isola del Giglio al centro del mondo.
“Isole minori” è una saga familiare dai connotati spiccatamente femminili, ma è anche una sorta di romanzo di crescita e formazione per la protagonista/voce narrante. Una lettura che scorre in maniera piacevole anche grazie ad uno stile immediato, lucido ed autentico. E’ evidente che Lorenza Pieri sa scrivere e sa farlo con quella dote indispensabile che si chiama passione. Ha esordito in maniera convincente e credo che abbia tutte le carte in regola per poter procedere oltre. Al prossimo libro, dunque.