Conoscete questo angolo di Taranto? La maggior parte di voi no. Eppure no a qualche decennio fa ci sono passati tanti protagonisti della nostra storia contemporanea. Un evento organizzato dal nostro gruppo editoriale è stato l’inizio - si spera - di un’azione di valorizzazione e recupero dello splendido Palazzo Brasini
Il patrimonio storico-artistico della città di Taranto vanta beni culturali di immenso valore. In particolar modo la SVTAM (Scuola Volontari di Truppa dell’Aeronautica Militare) è un luogo che pullula di storia, poiché ha ospitato personaggi che hanno lasciato un’impronta indelebile del loro passaggio, sia sotto il pro lo storico, che culturale e architettonico.
Il gruppo editoriale “ExtraMedia”, che riunisce il settimanale “Extra Magazine” e la rivista “Avvocati”, ha pensato a “Gli incontri di Palazzo Brasini” proprio per conoscere e valorizzare un luogo ormai dimenticato e al degrado.
L’obiettivo è di focalizzare l’attenzione non solo a livello cittadino ma anche nazionale, affinché si possa a procedere tempestivamente al recupero architettonico e anche culturale di quest’opera realizzata nel 1925 dall’architetto Brasini e commissionata durante il regime fascista.
UNA LOTTA CONTRO IL TEMPO E IL DEGRADO
Ormai l’Aeronautica Militare non riesce più a reggere lo sforzo della tutela di questo stupendo palazzo, nonostante i tentativi di mantenere uno stato di decoro delle bellezze architettoniche e paesaggistiche della base militare, per esempio con l’ausilio delle istituzioni scolastiche nell’ambito del progetto “Alternanza scuola-lavoro”.
Si tratta di salvaguardare l’identità storica non solo della città di Taranto, ma dell’Italia intera: questa costruzione ha subito un tale deterioramento che le crepe ne impediscono l’accesso in sicurezza. Infonde tristezza lo stato di abbandono nel quale versa Palazzo Brasini che, al contempo, è avvolto da un alone di fascino e mistero, conferitogli dai tendaggi e dai maestosi lampadari, che si possono scorgere dalle enormi finestre, che si affacciano sulla meravigliosa insenatura del Mar Piccolo.
La serie di incontri pensata per questo scopo non poteva essere inaugurata in modo migliore se non con il giornalista, caporedattore
del TG1, Angelo Angelastro. Sfruttando la quinta scenica di Palazzo Brasini, immerso nella splendida cornice paesaggistica dell’ex Idroscalo di Taranto, ha presentato il suo libro, tratto da una storia vera: “Il bel tempo di Tripoli”.
IL LIBRO
Filippo Salerno, il protagonista, è un giornalista, un fotografo e un avvocato barese, molto attento alla tutela dei diritti umani. E’ stato anche un militare, pertanto l’ambientazione scelta fa da perfetta cornice a questo personaggio, autore di imprese suggestive, che possono essere sviscerate sotto diversi aspetti: storico, giuridico, giornalistico, sociologico e psicologico.
Negli anni in cui il regime si potenzia, Filippo Salerno abbraccia il credo fascista con tutte le sue capacità emotive, la sua finissima intelligenza e il suo entusiasmo. Il punto di partenza dell’avventura “a tratti straordinaria e a tratti tragica”, così come la definisce l’autore, è l’esordio sul versante militare.
Il protagonista parte da Bari in direzione Massaua, destinato originariamente in Etiopia e, dopo lo scoppio della guerra, in Libia, con la convinzione di partecipare a una grande impresa civilizzatrice. Capo dell’Ufficio Stampa della milizia fascista in Africa Orientale, Filippo Salerno è testimone degli eventi dell’avventura coloniale. Grazie ai suoi incarichi importanti, ha modo di conoscere i maggiori esponenti del regime e, a poco a poco, si rende conto di essersi mobilitato per una impresa dal valore storico altamente negativo.
E’ la vita di un comune uomo perbene, che parte con un’idea e torna, nel 1943, avendo maturato una viscerale insofferenza verso le proprie scelte, dimostrando profonda ostilità verso le repressioni della dittatura fascista.
L’autore suddivide la sua opera in una prima parte nella quale il protagonista narra la sua ”avventura etiopica”, mediante racconti esotici che descrivono una natura uggiosa e ostile e altri che narrano di una popolazione primitiva, con la quale egli riusciva a interloquire, senza ombra di superbia. Nella seconda, egli delinea la sua ”avventura libica”, durante la quale comprende che, l’impresa fascista, era una disavventura per il popolo italiano.
A questo punto della sua vita si attua la sua “conversione”, proprio attraverso le aule dei tribunali di Tripoli, nei quali dava libero sfogo alla sua essenza di avvocato ribelle. Egli aspirava a un mondo più equo, libero e civile, basandosi sui principi di giustizia appresi dagli studi di giurisprudenza all’Università di Bari. Ben presto si rende conto che il fascismo si discosta notevolmente dall’immagine di impresa civilizzatrice che vuole trasmettere, anzi esercita arroganza e prevaricazione.
D’altronde le premesse non furono delle migliori, infatti, Mussolini, nel settembre del 1935, invase l’Etiopia con enorme aggressività, senza nemmeno il buon gusto di addurre un “casus belli”.
Il protagonista coniuga due professioni: il giornalismo e l’avvocatura. A un certo punto ricorda di possedere quella che egli stesso de nisce una “borghesissima laurea in giurisprudenza” e cambia pelle. Come giornalista, invece, si rifiuta di creare “falsi di guerra”,
ovvero di trasmettere ai settimanali italiani dell’epoca ricostruzioni di presunte vittorie sul campo, delle vere e proprie messe in scena, poiché, nonostante le difficoltà incontrate sul territorio africano, bisognava dimostrare che l’avventura coloniale non fosse affatto sbagliata. In Filippo Salerno, dunque, il mondo del diritto e il giornalismo dialogano perfettamente, rendendolo un piccolo eroe del suo tempo.
L’AUTORE E IL PROTAGONISTA
Bella storia nella storia quella dell’autore, Angelo Angelastro, che a un certo punto della sua vita professionale ha pensato che fosse opportuno raccontare questa vicenda, probabilmente destinata a essere dimenticata. Aveva conservato le registrazioni di circa tredici ore di racconto di una vera e propria epopea, risalenti al 1986, per circa trent’anni, decidendo- si alla pubblicazione dopo una serie di
esitazioni. Il rischio di raccontare una storia ed essere equivocato era altissimo.
Angelo Angelastro riferisce di essersi recato all’appuntamento con il protagonista mosso da profondo scetticismo, anche per via delle sue personali convinzioni.
Il risultato è che si è innescato un processo di identificazione tra chi raccontava e chi scriveva. In alcuni passaggi, è addirittura palpabile il profondo affetto che l’autore ha sviluppato per il protagonista del suo libro, durante il periodo delle registrazioni. Quegli appuntamenti lo hanno molto arricchito sotto il pro lo umano, anche perché Angelastro descrive Salerno come un simpatico affabulatore, molto coinvolgente, con l’aspetto di un nonnino dalla chiomafluente. Egli non aveva mai raccontato a nessuno le sue storie, in parte era stato dimenticato anche dalla propria famiglia.
Il giornalista lo ha stimolato, finanche provocato, non senza essersi prima documentato, perché voleva sondare se i suoi racconti fossero corroborati da una precisa conoscenza storico-geografica. Ebbene, l’avvocato Salerno non ha sbagliato nemmeno un nome delle località libiche ed etiopiche. Non riferì di un paese o un personaggio che non fosse riscontrabile sulle cartine dell’epoca o che non rivestisse il ruolo da lui raccontato.
L’EVENTO
Lo scorso venerdì 13 ottobre, alla presentazione del libro “Il bel tempo di Tripoli”, erano presenti anche Angelo Esposito, consigliere nazionale del CNF, Mirella Casiello, già presidente nazionale OUA, Rosa Colucci, direttore della rivista Extra Magazine in veste di organizzatrice e moderatrice, e Giandiego Monteleone, direttore della rivista Avvocati. Quest’ultimo ha sostenuto che “Il bel tempo di Tripoli” andrebbe divulgato nelle scuole, non solo perché riproduce fedelmente il periodo storico, ma anche per i valori di giustizia e libertà che trasmette. L’avvocato Angelo Esposito ha esordito affermando che: “Di solito i mémoire sono romanzi piuttosto noiosi e autocelebrativi”, trovando invece questo libro bellissimo, perché narra le imprese di un avvocato barese dimenticato, ma del quale essere orgogliosi, raffigurato nella sua debolezza umana e al contempo nella sua forza straordinaria, che ha rinnovato il “patto con la vita” grazie ad Angelo Angelastro.
L’avvocato Mirella Casiello ha spiegato come Angelastro abbia raccontato con estrema delicatezza un periodo storico buio e doloroso e le imprese di tante vite, affrontando temi di natura politica, religiosa e di critica sociale. A introdurre e a concludere i lavori, il colonnello Fabio Dezi, impeccabile padrone di casa e appassionato di storia contemporanea che per l’occasione ha permesso agli ospiti una visita nei luoghi più belli della Base, mirabilmente raccontati e descritti dal Maresciallo Angelo Caputo.