«È scritto anche nel Vecchio testamento: occhio per occhio, dente per dente.» Sasha, diciassettenne moscovita migrata in Germania, coltiva due sogni: uccidere il patrigno Vadim e scrivere un libro sulla madre, assassinata. Si muove nel ghetto russo e nella Berlino odierna con la cinica scaltrezza di un adulto navigato e la fragilità di una bambina, tra modernità incalzante, tradizioni obsolete, disuguaglianze sociali. Affronta la vita di petto, proteggendo chi ama, cercando uno spiraglio di luce che le illumini il viso mentre i piedi affondano negli stenti. Desidera qualcosa che la «tocchi da vicino», le attraversi l'anima. E con la sua storia, l'autrice Alina Bronsky, russa di Francoforte, conquista con un esordio che taglia come un rasoio e commuove, una scrittura potente e limpida a ritrarre la ragazza in lotta con un presente aspro e un futuro incerto.
È difficile per un russo trovare una dimensione umana in Germania?
«Emigrare è stressante, arduo, specialmente se stiamo parlando di un adolescente costretto a crescere in condizioni catastrofiche. Ho temuto che alcuni lettori tedeschi non avrebbero apprezzato i lati oscuri di Sasha, la sua durezza, ma pare che tutti la perdonino. È una sorpresa.
Sasha le somiglia?
«Dicono che mi esprimo come lei, ma Sasha è più coraggiosa e ambiziosa di me. E non è una mosca bianca, ho conosciuto molte ragazza con la sua stessa tempra.»