“La figlia maschio“, scritto da Patrizia Rinaldi e pubblicato dalla casa editrice E/O, è un romanzo che segna il riscatto sociale della protagonista, Na, una ragazza cinese costretta a compiere un percorso tortuoso, dentro e fuori di sè, per sentirsi nuovamente padrona del suo corpo e della sua identità, ma non solo.
“Ti vidi per la prima volta il giorno dopo la visita al mercato…Eravamo nei pressi di Hangzhou, la Venezia della Cina…“
Al centro della narrazione vi sono due coppie, Anna e Sergio e Felicita e Marino, che partono alla volta di questo viaggio organizzato, in Cina, che si rivelerà ricco di imprevisti e colpi di scena. Le voci narranti si susseguono, ma il personaggio più ambiguo che cattura l’attenzione del lettore è sicuramente Marino, un imprenditore criminale che rivela una personalità malinconica e fragile per certi versi, segnata da un passato che non perdona, e che sa essere sadica e senza scrupoli nel momento in cui il suo ego narcisistico prende il sopravvento per colmare un’apparenza che, in realtà, si nutre di vuoti interiori.
Marino è un uomo feroce, un aguzzino delle vite altrui, che è cresciuto, sin da bambino, con la violenza in corpo per difendersi da una vita che lo ha reso eternamente secondo. La posizione sociale, conquistata tra brogli e malefatte, si dissolverà come niente quando accadrà l’imprevedibile.
Durante il soggiorno in Cina, Marino rimane profondamente colpito da questa giovane ragazza cinese.
“Eri di spalle e avevi delle proporzioni che non ho ritrovato in nessun essere vivo” dice Marino.
Mai aveva provato un desiderio, simile all’amore, così forte e intenso, nemmeno per Felicita, sua moglie, costretta a vivere all’ombra del marito. Lui così duro con se stesso e con gli altri si piegherà al volere di una ragazza troppo spudorata e intelligente per poter arrendersi alla vita.
Sì, perché lei sceglierà di essere comprata come schiava pur di raggiungere l’Italia e scappare via da quel padre-padrone che la faceva lavorare nei campi e la violentava senza alcuna possibilità di fuga. Una creatura che si fa scudo delle sue debolezze per trasformarle in punti di forza.
Na, giovane donna dal cuore ferito, con una bellezza gentile, ipnotica e dai lineamenti delicati, mostra una forza nello sguardo tale da pietrificare al suo volere la poca spavalderia di un uomo.
“Sei stata sempre un desiderio inappagato, un’ossessione pornografica da consumare in privato” afferma Marino.
Felicita, invece, era diventata una donna senza colore, completamente soggiogata dal marito. Aveva tutto, benessere economico, una vita agiata, ma non ha mai posseduto l’amore, tanto da essere costretta a consumare un matrimonio bianco.
Sergio, dipendente di Marino, si mostra come un uomo debole, sempre in cerca di approvazione. Anche lui cadrà nella rete della seduzione e si innamorerà di Na, un’innocenza strappata, perduta, violata e incompresa.
Na si fa portavoce di una storia agghiacciante, reale, ambientata in Cina, dove le figlie femmine erano considerate un flagello di Dio. Per il controllo sociale alle donne era consentito partorire un unico figlio e se nasceva femmina, la neonata veniva abbandonata o uccisa. I padri, dunque, per avere un erede maschio commettevano un infanticidio privandosi, magari, della loro unica figlia.
Ma c’è di più ne “La figlia maschio”. Na, personaggio di fantasia, viene venduta come schiava. Per molto tempo, non si sentirà proprietaria del suo corpo, ma solo della sua mente di cui sfrutterà ampiamente il potere per ottenere ciò che desidera.
Patrizia Rinaldi, quindi, ci fa riflettere su temi sociali importantissimi che, spesso, riguardano altre culture, ma che poi, vista la globalizzazione dei nostri tempi, possono anche riguardarci da vicino.
Dove comincia la tua libertà e finisce la mia? Il libero arbitrio possiede ancora il suo significato originale? E quanti compromessi siamo tenuti a fare per riconquistare la nostra identità?
Punti di domanda che si trasformano in umane riflessioni.
Con un linguaggio mordace e autentico, la scrittrice ha saputo confezionare un romanzo magistrale capace di farci viaggiare con la fantasia verso mete sconosciute, senza perdere di vista la realtà.