Alcuni di voi avranno probabilmente sentito parlare di Asimo, Alpha 2 o, forse di Humanoid. Ne esiste persino uno italiano, si chiama iCub, è alto 104 centimetri e pese 22 chili: in pratica un bambino di 4 anni. Per chi non l’avesse capito stiamo parlando di androidi, robot umanoidi in grado di svolgere compiti simili a quelli svolti dall’uomo imitandone sembianze e movenze.
“What is the essence of human beings?” È questa la domanda per la quale lo scienziato giapponese Hiroshi Ishiguro lavora al fine di trovare una risposta. Quello di cui si è convinto è che la miglior risposta potremo averla, un giorno, studiando “robot umani”: avatar robotici in grado di sostituire gli esseri umani nelle mansioni quotidiane, di imitarne i gesti e persino le espressioni. Macchine uguali in tutto e per tutto agli esseri umani, tranne che per un particolare: non hanno un’anima.
La scienza sta facendo passi da gigante ed arriva in luoghi dell’immaginario dove un tempo soltanto la letteratura fantascientifica aveva accesso. Questo cambio di passo è ormai stato registrato da anni, eppure la letteratura non sembra avere nessuna intenzione di smettere di immaginare il futuro. Uno dei romanzi più belli scritti in quest’era di assoluta onnipotenza della tecnologia è stato Infinite Jest, l’imponente capolavoro di David Foster Wallace ambientato in un futuro sinistramente incombente, in cui catapulte giganti risolvono il problema dello smaltimento dei rifiuti gettandoli in immense aree bulimiche in cui la natura è così contaminata da rischiare di implodere trascinandosi dietro l’intero pianeta.
Se gli scrittori continuano imperterriti a posare lo sguardo sul futuro una ragione deve pur esserci. E la risposta, a mio avviso, risiede nella natura stessa dei libri. Se la scienza è chiamata a disegnare mondi futuri seguendo i propri modelli probabilistici, è compito della letteratura quello di porsi domanda su questo futuro, di cercare di capire in che modo possa essere significativo per l’esperienza umana.
Un robot non può recar danno a un essere umano né può permettere che, a causa del proprio mancato intervento, un essere umano riceva danno.
Un robot deve obbedire agli ordini impartiti dagli esseri umani, purché tali ordini non contravvengano alla Prima Legge.
Un robot deve proteggere la propria esistenza, purché questa autodifesa non contrasti con la Prima o con la Seconda Legge.
Tezaki Rei, l’adolescente protagonista del romanzo di Sakumoto Yosuke Il giovane Robot, risponde in modo affermativo ad ognuna delle tre condizioni poste da Isaac Asimov. Rei è stato creato al preciso scopo di diffondere la felicità tra gli esseri umani, deve portare a termine la propria missione a tutti i costi ed è questa l’unica ragione della propria esistenza. Ma trattare con gli esseri umani non è cosa semplice, nemmeno per un robot progettato sin nei minimi dettagli per agire e assomigliare a una persona in carne ed ossa. Ben presto il suo potente processore verrà messo a dura prova dal sovraccarico di dati, comprendere le emozioni umane produrrà un proliferare di errori nel suo sistema esponendo il giovane robot al rischio di lasciare incompiuta la propria missione.
Questo romanzo, autentico caso letterario in Giappone e uscito in Italia per le Edizioni e/o, sembra indagare gli esseri umani nella stessa maniera in cui prova a farlo Hiroshi Ishiguro con i suoi umanoidi. Quanto più irrisoria appare la distanza tra uomo e macchina, tanto più importante sembra essere la linea di demarcazione. Le avventure di Tezaki Rei sembrano dimostrare l’esistenza di questa profonda frattura, fatta di sentimenti, gesti ed empatia invalicabili per la macchina, vera prerogativa dell’uomo.
Quello di Sakumoto Yosuke è un piccolo capolavoro contemporaneo, fatto di leggerezza e profondità in un’epoca che, anche nei libri, sembra spesso prediligere la frivolezza e l’artificio retorico. Una piccola gemma che non delude gli appassionati della letteratura giapponese e che porta alla ribalta uno scrittore che ha saputo coniugare la propria intuizione creativa a una narrazione profondamente esistenziale.
Sakumoto Yosuke da più di dieci anni ha ingaggiato una lotta contro una forma di schizofrenia che pare in grado di combattere nel modo più efficace solo attraverso la letteratura. Le vicende narrate nel romanzo sono ispirate alla sua esperienza, ne raccontano il disagio e le difficoltà, ma provano anche a disegnare una possibile via d’uscita. In fondo, l’unica salvezza di Rei, giovane Robot mandato sulla terra per portare felicità agli umani, sarà l’amore della giovane Sango.