Perché è un lavoro pericoloso. Perché avere a che fare con il male ti cambia. Anche soltanto guardarlo appanna le tue verità, confonde le tue certezze sulla vita come sulla morte. Ti fa capire che nessuno è al sicuro dalla violenza e dai demoni che ha dentro.
Abbiamo cominciato la serie dei romanzi dedicati al male con tutte le sue sfumature, che potranno soltanto essere ancora più nere e intense nei prossimi capitoli del progetto di Piergiorgio Pulixi dal titolo “I canti del male”.
Cominciato con “Il canto degli innocenti”, questo è il secondo episodio nel quale ritroviamo il personaggio controverso di Vito Strega, diventato un fantasma nella sua questura, ritenuto responsabile dell’uccisione in servizio di Jacopo Di Giulio, suo partner di lavoro. Per questo motivo soprannominato assassino di sbirri.
Nonostante la commissione disciplinare lo avesse scagionato da ogni colpa e reintegrato al lavoro, l’etichetta non lo avrebbe mai abbandonato. Anzi, era stato messo in panchina a compilare scartoffie, ma quando si ha dentro l’anima dell’investigatore, il lavoro di Vito senza indagini è come un caffé senza zucchero: amaro e dal fondo oscuro.
Strega è un uomo dal carattere da duro acquisito dopo avere lavorato su più di cinquanta casi di omicidio, prima di essere esonerato. Appena specializzato, era molto sicuro di sé nonostante l’inesperienza e la giovane età. L’età e i molti errori gli hanno fatto acquisire maggiore freddezza, rendendolo cauto e ossessionato dai particolari. Per questo, quando viene trovato Roberto Larocca, suo collega, morto suicida, si mettono in moto domande che devono assolutamente trovare risposta.
Poiché conosceva personalmente la vittima e aveva condotto un’indagine insieme anni prima, viene incaricato di seguire le indagini. Alcune incongruenze, però, si insinuano nella mente di Strega e finché non saranno verificate non potrà confermare il suicidio del poliziotto. Comincia a muoversi nell’indagine da solo, senza avvisare i superiori delle sue scoperte, convinto che potrebbero non credergli, come se gridasse “Al lupo, al lupo!” senza che questo esista davvero. Ma un lupo c’è, eccome. E bisogna fare attenzione alle sue fauci aperte in attesa della preda.
Un metro e novantacinque e una corporatura da terza linea di rugby, non passa di certo inosservato. Aver prestato servizio come fuciliere di Marina nei Balcani lo ha reso un uomo addestrato a uccidere a sangue freddo. L’unica donna nella vita del commissario è la gatta Sofia, in grado di essere una presenza silenziosa e nel contempo compagna fidata ma mai invadente. In perenne conflitto con il passato, tormentato dalla fine del suo matrimonio e dalla morte del suo collega, Strega dimostra di essere brillante, acuto e particolarmente emotivo.
Come nel precedente romanzo, Pulixi ama soffermarsi sull’aspetto psicologico della trama, legato a doppio filo con lo stesso protagonista, in passato psicologo e per questo impenetrabile all’analisi da parte degli altri. Un plauso merita la copertina del libro, con raffigurato un uomo allontanato da tutti gli altri in una sorta di manipolo di uomini che pare anche una cortina di fuoco, una lettura più profonda del precedente, forse anche per il tema affrontato, quello del burn out. Per chi non conoscesse il termine, parliamo di un disagio di cui si parla negli ultimi anni, quello della sindrome da stress nell’ambiente di lavoro e delle conseguenze che questa comporta nella vita sociale. Diciamo che è sempre esistita, ma ora ha un nome e cognome: frequente soprattutto in certe tipologie di attività in cui c’è forte interrelazione, come i medici, gli infermieri, i poliziotti o gli insegnanti. I sintomi sono molto pesanti e difficili da distinguere: si è apatici, nervosi, frustrati. Ci si sente inutili e inadeguati.
L’autore sembra costruire la trama intorno a questo fenomeno, creando una storia ad hoc per Strega, che rimane un personaggio equivoco e denso di spazi d’ombra. Il classico uomo ombroso che può attirare o, al contrario, respingere. Quanto basta per instillare la curiosità di leggerne ancora di lui e di chi gli ruota intorno, che forse rimane ancora un po’ troppo laterale rispetto alla storia. D’altronde, siamo ancora agli inizi, lasciamo tempo a Piergiorgio di attirare i lettori come il pifferaio magico con la sua musica fatta di belle parole e di belle storie.