1) Vieni dal mondo del cinema e della televisione, come è stato l’approccio alla scrittura di romanzi? Che difficoltà ha riscontrato e quali sono le differenze sostanziali tra la scrittura di sceneggiature e quella di narrativa?
Ho cominciato molto presto scrivendo racconti e poi un romanzo quando avevo ventitré anni. All’epoca sapevo che scrivendo romanzi non avrei potuto sopravvivere economicamente quindi ho pensato bene di dedicarmi alla sceneggiatura che ritenevo potesse diventare un lavoro, con la segreta speranza prima o poi di tornare al romanzo. Entrambe le cose si sono realizzate. Ma per tornare al romanzo ci ho messo una trentina d’anni… nel frattempo ho scritto un mare di sceneggiature soprattutto per le serie televisive. La differenza tra la scrittura per il cinema e quella letteraria è semplice, la prima è una scrittura in funzione dell’immagine, quindi rimanda a altro, quella letteraria è una scrittura invece fine a sé stessa, esaustiva. Io personalmente non riesco a fare le due cose contemporaneamente. La scrittura cinematografica è una cosa quella letteraria un’altra. L’attitudine deve essere completamente diversa. C’è anche un ulteriore aspetto: quando scrivo una sceneggiatura sono al corrente del costo che deve avere la puntata della serie o il film e quindi mi regolo di conseguenza. Quando scrivo un romanzo non ho limiti. Leggendo Pulcinella si capisce bene questo… non ho posto limiti alla fantasia. Per questo una eventuale trasposizione non sarebbe certo a basso costo! Per il resto le regole per tenere alta l’attenzione del lettore come quella dello spettatore non sono tanto diverse. Questo sì.
2.) Il protagonista dei tuoi romanzi è Pulcinella, simbolo di Napoli. Perché hai scelto questo personaggio, attaccamento alla tradizioni o semplicemente aveva le caratteristiche che cercavi?
Non l’ho scelto io. Ha scelto lui me e bisognerebbe chiedergli perché proprio io… scherzo, ma solo in parte. Ho sempre la sensazione che le idee mi vengano da chi sa dove siccome mi sembra miracoloso che me ne vengano… si può dire comunque che Pulcinella fosse dentro di me “accovato” (nascosto, in italiano…) come solo lui sa fare per poi sbucare al momento opportuno. E quale più di questo? Anzi se n’è stato fin troppo tempo accovato ridotto a un ninnolo a un souvenir (e con addosso un significato deteriore che non gli appartiene), era giunto il tempo che si facesse carico dei problemi della città (la camorra per esempio…) e, senza esagerare, si potrebbe dire del mondo. Questo ho pensato quando l’ho evocato… E lui devo dire si è mostrato molto disponibile, come non aspettasse altro. Pulcinella è senza tempo e quindi s’è subito conformato a questo contemporaneo e si è dotato delle qualità giuste per affrontarlo e vincere la sua battaglia. Pulcinella è un archetipo non tanto della napoletanità che già di per sé è un archetipo della condizione umana, Pulcinella è l’archetipo dell’umanità stessa che contiene in sé sia il basso che l’alto, l’istinto, l’origine animale e la capacità d’astrazione, di riflessione filosofica, carne e anima. Per questo affidando a lui la salvezza di noi tutti è come se l’avessi affidata alla nostra identità, meglio all’umanità stessa. Siamo noi Pulcinella. Possiamo esserlo.
3) Credi che ci sia bisogno di un supereroe nel nostro paese che salvi le nostre bellezze prima che la situazione peggiori? E chi potrebbe avere le carte giuste per farlo oggi?
Credo profondamente che l’unica possibilità di salvezza sia che ognuno di noi non affidi completamente ad altri il compito di farsi carico dei gravi problemi che ci attanagliano ma lo faccia in prima persona. Per la sua parte. Per quello che può ma anche oltre. Ognuno di noi può far emergere la proprie migliori qualità se vuole e metterle al servizio del bene comune.
4) Il libro è ambientato in un quartiere storico, difficile e contraddittorio di Napoli. Vuole essere un omaggio a questa parte della città giudicata sempre troppo male e poco salvaguardata? Possiamo quindi vedere anche questa scelta come una denuncia ai problemi che attanagliano il quartiere e l’intera città?
Il rione Sanità è un micro cosmo che purtroppo non è un invenzione letteraria ma una durissima realtà. Ha dentro di sé tanta bellezza da un punto di vista storico e architettonico, ma non solo, contiene una straordinaria umanità. Solo che ancora più che il resto della città è metafora universale di come gli interessi prevalenti di un ristrettissimo gruppo di persone che possiede circa il 70% della ricchezza del pianeta possano prevalere e influire tragicamente non solo sui piccoli mondi come la Sanità appunto, ma su ognuno di noi, nel tentativo finale di asservirci a questi interessi. La camorra, le mafie mondiali, sono uno strumento di questi interessi che rappresentano essi stessi in sé la più grande e pericolosa mafia e come tale si comportano. Bisogna esserne consapevoli e agire di conseguenza per difenderci. Alla Sanità c’è gente che combatte questa guerra giorno per giorno come la rete sociale a cui appartiene anche padre Zanotelli. Sono loro i veri Pulcinella. Che mettono al servizio di tutti, generosamente, le migliori qualità di cui dispongono.
5) Pulcinella è protagonista di una tetralogia. Come mai questa scelta? È stata una decisione presa a monte o scrivendo sono nate tante storie diverse?
E’ stata una decisione presa a monte. Avevo già chiaro il disegno di tutte e quattro le tappe del percorso di Pulcinella.
6) I tuoi libri presentano linguaggi diversi e tanti richiami anche alla tradizioni e al fumetto. Quale è la tua formazione?
Sono nato in un ambiente dove la lettura era di casa. Da piccolo mi sono imbevuto dei classici per ragazzi e non solo. Zanna Bianca, I ragazzi della via Pal, Moby Dick, Huckleberry Finn, Tartarino di Tarascona… tutto Salgari, Verne, Dumas padre e Figlio passando poi ai grandi classici della lettura europea, russa soprattutto e anglosassone ma sono rimasto letteralmente folgorato da Kafka che per me è una sorta di divinità letteraria. Ho amato e amo Svevo, Calvino e Landolfi. Ma ovviamente sono stato anche lettore di fumetti da Diabolik a Tex Willer passando per L’Ombra che cammina, per l’Uomo Ragno e i Fantastici Quattro fino ad approdare a Frigidaire… E poi il cinema ovviamente (Il settimo sigillo mi ha segnato per sempre…). Ho studiato al liceo scientifico, quindi Lettere e Filosofia all’università Federico II di Napoli. Mia madre è stata insegnante elementare nei quartieri più difficili di Napoli e ha scritto libri di divulgazione didattica. Mio padre è stato un piccolo editore molto apprezzato in città per il tipo di lavoro culturale che ha svolto. Negli anni settanta ad esempio ha ri pubblicato tutte le commedie di Antonio Petito ultimo grande interprete di Pulcinella (appunto…) e autore di molte farse con la maschera protagonista, scritte nella seconda metà dell’ottocento. Ho fatto per lui a quell’epoca il correttore di bozze. Quindi ho letto e riletto quelle commedie decine di volte. Per questo evidentemente Pulcinella mi è rimasto dentro, accovato…
7) Una domanda di rito per Thrillernord: il genere del thriller nordico ti piace? Conosci o segui un autore in particolare?
Qualche anno fa per conto del sindacato degli sceneggiatori WGI, del cui direttivo faccio parte, nell’ambito del Nordic Film Fest che si tiene tutti gli anni a Roma ed è coordinato dalle ambasciate scandinave ho organizzato insieme ad altri due miei bravissimi colleghi delle master class in cui abbiamo invitato tra gli altri gli sceneggiatori autori di The Bridge ed il festival era centrato proprio sul noir nordico che tra letteratura, serialità e cinema sta avendo tanto successo in questi ultimi anni.