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Piergiorgio Pulixi «Racconto le mille sfumature del male»

Autore: Fabio Canessa
Testata: La Nuova Sardegna
Data: 6 settembre 2017

Da una settimana sta girando l’isola per la promozione del suo nuovo romanzo, “La scelta del buio”, appena pubblicato da Edizioni E/O. Una data al giorno, da Cagliari (mercoledì scorso) a Pula (ieri) passando per Oristano, Bosa, Tratalias, Carbonia, Gonnesa. E non si ferma qui Piergiorgio Pulixi. Il tour in Sardegna (che anticipa una lunga serie di appuntamenti in un po’ tutte le regioni) continua infatti sino a martedì. Senza sosta. Oggi lo scrittore cagliaritano sarà a Siniscola (alle 20.30 al bar caffetteria Gana ’e Gortoe), domani a Iglesias (alle 18.30 alla libreria Ubik), venerdì a Sassari (alle 18.30 alla facoltà di Scienze politiche, in viale Mancini, per la rassegna GialloNoir della libreria Azuni), sabato a Olbia (alle 19 alla libreria Ubik), domenica a Porto Torres (alle 21 alla libreria Koinè), lunedì ad Assemini (alle 21 in piazza San Giovanni) e martedì a Uta (alle 18 alla biblioteca comunale). «Devo dire che è faticoso senza pause racconta Pulixi ma il confronto con i lettori che già mi conoscono, ma anche con quelli che vengono per la prima volta alla presentazione di un mio libro, dà grande energia. E poi anche se vivo a Milano, la Sardegna resta sempre la mia casa».

Dopo queste prime date del tour, quali sono le sensazioni che le stanno arrivando dal pubblico riguardo questo nuovo romanzo?

«Molto positive. Alcuni arrivano all’appuntamento che lo hanno già letto, anche se è appena uscito. E mi raccontano di averlo divorato in una notte, perché non riuscivano a staccarsi una volta iniziato. Pensare che venga finito in poche ore, dopo che io ci ho lavorato tanto, fa uno strano effetto. Però mi riempie anche di soddisfazione, vuol dire che ha il ritmo giusto».

“La scelta del buio” è nelle sue intenzioni il secondo capitolo di una serie di romanzi. Ha già chiaro in mente come articolare il progetto da qui alla fine?

«La serie, dal titolo “I canti del male”, vuole raccontare la malvagità in tutte le sue sfumature. L’idea è fare tredici episodi. Ho chiari i temi da affrontare, ma scrivendo romanzi profondamente legati alla cronaca e alla realtà del nostro Paese non posso delineare in partenza i dettagli di un percorso così lungo».

Nel primo episodio, “Il canto degli innocenti” con il quale ha vinto anche diversi premi, si concentrava sul mondo degli adolescenti. In questo secondo libro cosa le interessava raccontare?

«La storia parte con il commissario Vito Strega, protagonista della serie, impegnato a far luce sulla morte di un ispettore. Per suicidio sembrerebbe. Ecco, il tema del suicidio all’interno delle forze dell’ordine è uno di quelli che mi interessava affrontare. È un argomento scomodo, se ne parla poco, ma il tasso di suicidi tra poliziotti e carabinieri è molto alto. Per il tipo di lavoro possono essere soggetti a quella che viene definita sindrome da burnout, derivante dal contatto quotidiano, prolungato, con certe situazioni di forte stress. Esiste anche per questo un reparto specifico di assistenza psicologica all’interno delle forze dell’ordine, ma molti agenti finiscono per non chiedere aiuto perché non vogliono riconoscere, o mostrare, la propria fragilità».

Rischia anche il suo commissario Vito Strega?

«La serie vuole essere in qualche modo un’odissea nel male, viaggio nel quale il protagonista dovrà stare attento a non farsi inghiottire da questo suo essere così a stretto contatto con la violenza e la malvagità».

Ma che tipo di poliziotto è, rispetto per esempio a Biagio Mazzeo protagonista della sua precedente saga?

«È completamente diverso, agli antipodi. Mazzeo era uomo d’azione e corrotto. Vito Strega invece è integerrimo, filosofico, più interessato alla psicologia del male, alla mente criminale».

Quello che in qualche modo sembra fare anche lei, sempre molto attento ai dettagli di cronaca e alla verosimiglianza?

«Per me è un aspetto fondamentale l’attaccamento alla realtà e quindi scrivere racconti verosimili».

Ormai scrive, ed è molto prolifico, da una decina d’anni. L’esperienza quanto aiuta?

«Sì, ho iniziato a 24 anni e adesso ne ho 34. L’esperienza è importante, ormai ho anche una preziosa rete di fonti tra giornalisti, avvocati, poliziotti. Ma ogni libro in fondo è come ricominciare da zero. Riparto sempre con umiltà e grande attenzione. Come scrittore devi dare sempre di più al lettore».