Romanzo a tre o quattro voci, quello che la scrittrice francese Camille Laurens ha scritto dando al libro un titolo pirandelliano, “Quella che vi pare”: infatti Claire Millecam, Claire Antunès, Camille sono tre voci che raccontano la stessa storia da diversi punti di vista, anche se poi intervengono le voci maschili, Chris, Joel, Marc…
Siamo in un ospedale psichiatrico nei pressi di Parigi e Claire vi è stata ricoverata in seguito ad una storia amorosa finita male. Un laboratorio di scrittura creativa, tenuto dalla scrittrice Camille, la porta a mettere su carta la sua vicenda con molti dettagli inquietanti. Lei infatti si è finta giovane e bruna, costruendosi un falso profilo su Facebook, per attirare l’attenzione di un fotografo freelance e molto precario, Christophe, detto Chris, con cui inizia una relazione virtuale sempre più intima ed estremamente coinvolgente. I rapporti fra i due sono frequentissimi ma non si sono davvero mai incontrati: lei ha messo sul profilo la foto di sua nipote Katia, brunetta venticinquenne, ovviamente a sua insaputa. In realtà il libro, seppur breve, mette in scena troppe storie, tanto che il lettore può apparire disorientato. Interessanti invece lo notazioni, le citazioni, la ricchezza della cultura dell’autrice che riempie le sue affermazioni sui rapporti amorosi e sulla diversità dei sentimenti e delle modalità del sesso tra uomini e donne con una serie di note che provengono da libri famosi: da “Le relazioni pericolose” di Choderlos de Laclos, di cui la scrittrice cita i due personaggi femminili più riusciti, la marchesa di Merteuil e la presidentessa di Tourvel, esempi di eroine disperate per amore di un uomo perfido e dissoluto, il visconte di Valmont. Non manca Marguerite Duras, né un brano della “Gerusalemme Liberata” con la storia drammatica di Rinaldo e Armida; ci sarà anche la messa in scena di Marivaux, nella clinica psichiatrica, dove amore e follia si confondono con l’arte e la terapia. Il finale prosaico ridimensiona tutte le elucubrazioni che le protagoniste hanno sciorinato sui rapporti amorosi, sul rapporto tra sesso e letteratura, sulla fame di libri che si coniuga con la fame di amore e sesso.
“Un libro non mantiene tutte le promesse del desiderio, è un esito del desiderio, ma traduce il piacere che è venuto dopo l’arrivo del desiderio, la sua epifania. Se in un libro non c’è questo, non c’è niente. E così per l’atto sessuale…”
Interessanti le tesi della scrittrice, complessa e mai banale l’argomentazione, notevole la scrittura, ma un po’ troppa carne al fuoco finisce per diventare una sorta di labirinto letterario nel quale il pur attento lettore/lettrice rischia di smarrirsi.