Sardegna. Estate. Francesco Livio Zannargiu, in arte Franco Zanna, è originario di Raulei in provincia di Nuoro. Prese il massimo dei voti alla maturità classica nel capoluogo; iniziò Giurisprudenza a Torino, arrivando quasi alla laurea con una media altissima; ben presto si avvicinò ad ambienti anarchici e gruppi extraparlamentari, partecipando a movimenti, resistenze, disordini; con la Canon di seconda mano intraprese il mestiere di fotografo e cronista investigativo. Un giorno di fine anni novanta il suo reportage su una mazzetta finì addirittura in prima pagina; il giorno dopo scomparve, lasciando casa, lavoro e la fidanzata Carla (incinta). Lo ritroviamo diciassette anni dopo sull’isola nativa, sempre ai margini e in bolletta, solitario, alcolista, attaccabrighe, discreto cuoco, paparazzo; si mantiene lavorando per il gossip e avvistando furbamente coppie clandestine e celebrità di passaggio. Vive a Porto Sabore e scatta in Costa Smeralda. Incappa in Remo Girardi, noto opinionista televisivo, con la bellissima (amante) Lena Meier, una escort rossa e slanciata che ha lasciato la Svizzera e vive (benino) in Sardegna. Per un incidente non può usare le foto; Irene, la direttrice dell’agenzia pettegola di Olbia è arrabbiata con lui, un tempo si dilettavano a letto insieme oltre che sul lavoro. Poi però Lena lo contatta, ha paura per un incontro allargato che Remo gli ha procurato, ci va e scompare. Pessimi elementi vanno da Franco a dargli una dolorosa lezione proprio quando arriva a trovarlo per un mese la figlia Valentina (riuscita l’anno prima a trovarne orme su internet), stessi capelli neri e occhi screziati di verde della madre. Per salvarla chiede aiuto al parente (cugino del padre) latitante in montagna, “zio” Gonario, ottima persona. E si butta a corpo (quasi) morto sulle tracce di Lena.
L’architetto doppiatore fumettista sceneggiatore (fra l’altro di Dylan Dog) Pasquale Ruju (Nuoro, 1962) opera al Nord e resta ancorato ai luoghi belli della natia isola, non solo il mare dell’arcipelago a nord-est, anche Gennargentu e Barbagia, vien proprio voglia di tornarci. Dopo un ottimo esordio, col secondo romanzo narra in prima persona una storia nera, il Nero dove ci si tuffa per perdersi o ritrovarsi (da cui il titolo ma non la sfumata copertina), hard-boiled rispetto ai noiosissimi romanzi gialli che il protagonista talvolta legge. Franco si trova d’improvviso catapultato in una drammatica avventura di rimpianti e ricatti, d’amore e di riscatto, segnato dall’amore per l’adorabile figlia. Ben delineati tutti i personaggi del passato e del presente (soprattutto i vip e lo zio brigante antico e moderno), brevi tratti chiari e netti (e molti muoiono, a riprova della maestria del genere), in azioni aspre e asciutte stile Carlotto, conferma di una collezione tutta di grande qualità, Sabot/age, giunta ormai a ben 25 titoli di autori italiani. Attenzione al livello di insulina nel sangue del bravo commissario capo della questura Mario Ventura. E a quello di alcol nel corpo di Franco: rum, mirto, whisky, vino. Quando è brilla e gaudente Irene canta Vasco e si confessa sul sesso: “La verità è che mi piaceva troppo. Troppo. E non va bene. Ne avevo sempre voglia, perché… tu e io…”