Login
Facebook
Twitter
Instagram
Newsletter

Bussola di Mathias Enard e il Premio Von Rezzori

Autore: Elisabetta Favale
Testata: L'Inkiesta
Data: 20 giugno 2017
URL: http://www.linkiesta.it/it/blog-post/2017/06/20/bussola-di-mathias-enard-e-il-premio-von-rezzori/25792/

Mathias Enard, francese, dopo aver vinto nel 2015 il Premio Goncourt, sabato scorso, 17 giugno, si è aggiudicato anche il Premio Von Rezzori.

Ero presente durante la cerimonia e ho avuto modo di osservarlo anche prima di entrare a Palazzo Vecchio, mi è parso un uomo semplice, cordiale, chiacchierava in un buon italiano e scattava foto in Piazza della Signoria con il suo smartphone, camicia a fiori e sandali ai piedi, questo “omone” ha scritto un libro su un tema difficile: Oriente e Occidente, lo ha fatto partendo da una storia d’amore tra un orientalista austriaco, Franz, e una affascinante collega francese, Sarah. L’amore tra i sue studiosi, vissuto tra Europa, Iran, Siria, diventa simbolo, metafora, di un altro amore, quello per la cultura d’Oriente. Il grande interrogativo è: può essere possibile far incontrare davvero le culture d’Oriente e Occidente? Possono completarsi a vicenda o è solo il sogno di alcuni visionari?

Incipit

Siamo due fumatori d’oppio ognuno dentro la sua nuvola, non vediamo niente fuori, e soli senza mai capirci fumiamo, siamo volti agonizzanti in uno specchio, un fermo immagine cui il tempo dà l’illusione del movimento, un cristallo di neve che scivola su un bioccolo di brina di cui nessuno coglie i complicati grovigli, io sono questa goccia d’acqua condensata sul vetro del salotto, una perla liquida che scivola ignara del vapore che l’ha prodotta, degli atomi che ancora la compongono ma che ben presto serviranno ad altre molecole, ad altri corpi, alle nuvole che stasera incombono su Vienna: chissà su quale collo scivolerà quest’acqua, su quale pelle, su quale marciapiede, verso quale fiume, e quel volto indistinto sul vetro è mio solo per un istante, una fra le milioni di configurazioni possibili dell’illusione – toh guarda, il signor Gruber porta a spasso il cane nonostante la pioggia, ha in testa un cappello verde e addosso l’eterno impermeabile; con ridicoli saltelli scansa gli schizzi delle auto sul marciapiede: il cane, convinto che voglia giocare, balza verso il padrone e si prende uno schiaffo quando posa la zampa sudicia sull’impermeabile del signor Gruber che alla fine si accosta comunque alla strada per attraversare, la sua sagoma è allungata dai lampioni, pozza più scura fra i mari d’ombra dei grandi alberi squarciati dai fari su Porzellangasse, e si direbbe che Herr Gruber esiti a penetrare nell’oscurità di Alsergrund come io a lasciare la contemplazione delle gocce d’acqua, del termometro e del ritmo dei tram che scendono verso Schottentor.