Ripetitiva, laconica ed ineluttabile, la stessa frase aleggia ogni mattina nella mente del giovane Nemesio Viti:
«Sono nato da uno sperma vecchio».
A parer suo è il motivo per cui conduce la sua esistenza spenta e demotivata nella completa atarassia e apatia, uscendo di casa solo per lavorare come maschera nella galleria d’Arte Avanguardista di Milano. Tutto l’opposto di suo padre, anche lui di nome Nemesio, considerato uno dei più importanti artisti del Novecento. Egli ha vissuto un’esistenza straordinaria, che lo ha reso testimone dei più importanti avvenimenti del secolo scorso, facendo di lui una leggenda vivente. Ha conosciuto le grandi personalità del secolo, collezionato un’infinità di amanti, e seppellito tutti i suoi amici, due mogli e concepito il suo unico figlio, il protagonista, all’età di sett’anni. La meraviglia suscitata nella gente dalla gigantesca personalità del genitore non colpisce però Nemesio Junior, il quale da anni non ha rapporti con suo padre, considerandolo una specie di Orfeo che non si volta mai. Nel cercare di distanziarsene il più possibile, arriva a modificare il nome che hanno in comune, facendosi chiamare “Nemo”: nessuno.
Durante la celebrazione del centenario paterno, Nemesio senior ,però, ha un malore e viene trasportato d’urgenza in ospedale. Avvenimento sentito con totale indifferenza, anzi quasi con sollievo, dal figlio. Eppure, da questo momento Nemo sogna ogni notte per una settimana la vita di suo padre, come se ne fosse lui stesso il protagonista, dall’infanzia fino al momento dell’ictus, attraverso il Novecento, alla scoperta di suo padre e di se stesso.
Marco Rossari, giornalista, scrittore e autore televisivo, con questo suo romanzo Le cento vite di Nemesio (pubblicato con la casa editrice e/o) racconta la paradossale storia di “Nemesio”, padre/figlio, come incarnazione della contrapposizione del “tutto” e del “niente”: due individui così profondamente diversi, da essere in realtà imprescindibilmente uniti nell’ esistenza, come due facce della stessa medaglia. La solida cultura letteraria dell’autore, evidente anche nelle molte citazioni, fa da sfondo ad un romanzo picaresco e fiabesco, che intreccia le visioni oniriche e la fantasia della trama, alla leggerezza umoristica e al ritmo scorrevolissimo del linguaggio. Rossari utilizza l’espediente del conflitto generazionale tra padre e figlio, per polemizzare, seppur bonariamente, sul nostro secolo: Nemo, nato allo scoccare del Duemila, diventa il simbolo della contemporaneità nostalgica e spenta, un discendente avvilito dell’immensa varietà artistica, culturale, politica e idealistica del passato Novecento. Ma le paradossali situazioni in cui si ritrova nei viaggi notturni, e l’ironia con cui vengono descritti i grandi personaggi incontrati, alleggeriscono la loro titanica memoria, trasformandola agli occhi del protagonista e del lettore. Dovremmo forse, come il protagonista, smorzare la loro influenza sul nostro presente, abbandonare la malinconica volontà di emulare il passato. Il Novecento è ormai morto, e noi siamo i figli del nuovo secolo, e dovremmo ingegnarci per rendere grande il nostro futuro.
(Francesca Orestini)
«Quante esperienze aveva divorato? Quante versioni esistevano di quella storia? Se fosse andato a interrogare — torchiare — amici e conoscenti e amanti, quante varianti avrebbe trovato? Come una lingua tradotta in venti lingue, una dopo l’altra, di cui si perde il senso originale».