Ci sono libri che macinano in silenzio lettori e attenzione. Partono piano, continuano piano, ma sono inesorabili, restano in libreria per anni anziché per mesi, perché c'è sempre qualcuno che ne ha sentito parlare e ne chiede una copia. È in questo modo che Massimo Cuomo si è conquistato un posto di rilievo tra gli scrittori veneti, e non solo. Veneziano di nascita, poco più che quarantenne, vive a Portogruaro occupandosi di pubblicità e scrivendo, lentamente, i suoi libri, tutti editi da Edizioni E/O. Ne scrive uno ogni tre anni, a cominciare da "Malcom", che lo ha rivelato nel 2011. Ora è in libreria il terzo dei suoi romanzi, "Bellissimo", (pp 270. 17 euro), ma ancora va in giro a presentare anche il secondo, "Piccola osteria senza parole" che è uscito in tascabile ed è un piccolo long seller di successo.
E proprio questo successo duraturo poteva spingere Massimo Cuomo a tornare sugli stessi temi, sulle stesse atmosfere, su quel Veneto profondo, fatto di osterie e silenzi, di personaggi leggendari, che ha raccontato nel romanzo che lo ha fatto conoscere al pubblico dei lettori. E invece no, anzi, ha cercato di allontanarsene il più possibile, spingendosi fino al Messico profondo per raccontare la storia di due fratelli, di cui uno normale, l'altro straordinario. Che poi questo Messico sia così lontano dal Veneto è tutto da vedere, ma certo è anche quel Sudamerica mitologico e magico che ha popolato tanta letteratura dagli anni Settanta in poi, quando scrittori come Garcia Marquez, Carlos Fuentes, Vargas LLosa hanno conquistato con le loro storie i lettori europei.
L'operazione può sembrare strana e pretestuosa. ma leggendo il libro si scopre che non lo è. La storia che Cuomo racconta suona assolutamente vera, e la sua collocazione in una dimensione mitica, o magica come suggerisce l'editore, ha il vantaggio di isolare l'elemento fondamentale per poterlo raccontare nel modo più efficace. È una storia di fratelli: Santiago è un bambino come tutti fino a che non nasce Miguel. Miguel è bellissimo, anzi è la bellezza in persona, è l'eccezionalità. Non c'è neppure da essere gelosi, perché è un dato di fatto, è un bambino che seduce e conquista in assoluta innocenza, è la scoperta della differenza radicale. Santiago finisce nell'ombra, senza colpa di nessuno, ed è da quell'ombra che deve rapportarsi al fratello, alla vita. al suo destino. Ciò che a uno riesce facile per l'altro è difficile, deve essere conquistato palmo a palmo. Il paese, i genitori, le donne sono come un coro che circonda questa storia a due, che Cuomo racconta con grande tenerezza, con dolore, con emozione.
Di "Piccola osteria senza parole", rimane la capacità di raccontare la coralità e dentro la coralità quei personaggi che appartengono alla realtà, ma sono sempre fuori dalle righe, perché trasformano i loro vezzi in ossessioni. le loro convinzioni in realtà indiscutibili. E il Messico a Massimo Cuomo serve a questo, a poter amplificare, a trasferire in una dimensione straordinaria ciò che è ordinario, a far diventare simbolico ciò che invece è reale. Un gioco di specchi, insomma, che non tradisce però la verità di questa storia di fratelli lontani ma indivisibili, che il libro vuole raccontare.
Domani alle 20 l'autore presenta il libro alla libreria Marco Polo di Venezia.