«La prima cosa che si può imparare dalle mie storie dice Christoph Hein è che non impariamo nulla». È un romanzo lungo un secolo, il nuovo libro dello scrittore tedesco, in città per il Salone del Libro e ospite ieri del programma Off con un incontro in via Verdi, nell’Aula magna della facoltà di Lingue.
È il secolo di Hitler e di Stalin, il secolo dei conflitti generazionali, tra padri che hanno vissuto la guerra e figli nati dopo il conflitto. Gli anni della rimozione collettiva. La grande storia torna protagonista in «Trutz», uscito in Germania a fine marzo e che, annuncia Hein, tra meno di un anno sarà tradotto anche in italiano. «È la storia di due famiglie tedesche, una delle quali di origini russe, i Trutz e i Gejm», spiega lo scrittore nato nel ’44 in una frazione della Slesia. Figlio di un pastore protestante, Hein ha potuto frequentare solo il ginnasio nella Berlino Ovest dove si era trasferito all’età di 15 anni. Ma nel ’67 decise di tornare a Lipsia, nella Germania orientale. Un inusuale viaggio verso Est, oltre la cortina di ferro, che si ritrova in uno dei suoi libri più celebri, «Il figlio della fortuna», uscito ad aprile in Italia, in cui racconta la storia di un uomo che cerca per tutta la vita di sfuggire al passato. Alla presenza ingombrante di un padre morto, un criminale di guerra arrestato in Polonia e condannato a morte per impiccagione nel ’45. Proprio l’anno in cui nasce il protagonista, Konstantin Boggosch, eroe fiabesco definito fortunato dalla sua stessa madre, alla quale la gravidanza risparmiò le violenze dei sovietici. Nella sua battaglia personale, segnata dal rifiuto del proprio cognome e poi dalla fuga nella Legione straniera, c’è la faticosa rinascita di un popolo intero, che cerca di far dimenticare al mondo gli orrori del nazismo e che combatte tanto contro le pericolose ideologie quanto contro i sensi di colpa.
E se nel suo penultimo romanzo Hein ha ripercorso con intelligenza e ironia cinque decenni di quel secolo tumultuoso, dalla devastazione della seconda guerra mondiale alla riunificazione, nel nuovo lavoro la prospettiva diventa ancora più ampia. «La trama si sviluppa attraverso un secolo intero spiega lo scrittore -, un lungo secolo di storia russa, tedesca ed europea, durante il quale le due famiglie protagoniste del romanzo vivono il forte impatto con i regimi di Hitler e Stalin». Perché non è la grande storia a interessare Hein. Piuttosto, le ferite che certe catastrofi storiche, che l’autore analizza con straordinaria precisione, hanno lasciato nelle biografie dei singoli uomini e donne. «Al centro della mia attenzione ci sono gli individui, le vicende dei personaggi racconta -. Non sono io a occuparmi della grande storia, è la grande storia a influenzare le piccole storie dei singoli. E soprattutto nell’ultimo secolo, ha un avuto un impatto decisamente immediato».