Se L’isola di Arturo è uno dei tuoi romanzi preferiti, se tutto ciò che afferisce con il mare ti ruba il cuore, è intuitivo che non puoi lasciare Isole Minori sullo scaffale della libreria e non puoi evitare di buttarti a capofitto nelle sue pagine protette da una copertina cristallina, con l’entusiasmo e la voracità di quando arrivi sul bagnasciuga dopo un anno di scuola e ci bagni finalmente i piedi.
In questo primo romanzo di Lorenza Pieri, i rimandi ed il legame stretto con il capolavoro della Morante sono molti forti.
Si tratta di un libro ambientato su un’isola, il Giglio, un’isola minore per dimensioni e rilevanza, che, come Procida, diventa protagonista centrale della narrazione.
E, come accade ne L’Isola di Arturo, sono gli occhi di un’isolana a guidarci.
Inevitabili le esplicite citazioni all’opera della Morante, come il nome dato al setter della famiglia, al centro del racconto, o la citazione iniziale. Percepibile, il richiamo Teresa-Arturo.
Ma a rendere così fluida, luminosa e realistica l’ambientazione e la sua descrizione – al punto che, di riga in riga, sembra di essere seduti su uno scoglio a picco sul Tirreno, con la luce del sole che si riflette sul mare e fa stropicciare gli occhi, con nelle orecchie i rumori delle tazzine e lo schiamazzo dei turisti e lo sciabordio delle onde in sottofondo, con sulle labbra il sapore della salsedine e la pelle un po’ raggrinzita – aiuta senza dubbio il fatto che Lorenza Pieri, traduttrice, collaboratrice di Linus e con quindici anni di esperienza nell’editoria, sia nata a Lugo di Romagna, ma l’infanzia l’abbia trascorsa proprio al Giglio.
Come la vita della sua autrice, la narrazione di Isole Minori parte dalla terraferma e si sposta incentrandosi al Giglio, per poi allontanarsene e ritornarci.
Coprendo un lasso temporale di quasi quarant’anni: dal 1976 al 2012.
Nel romanzo, a scorrere in parallelo e contemporaneamente, inevitabilmente, ad intrecciarsi, ci sono due storie.
Quella dell’Italia di metà Novecento e dei giorni d’oggi: la strage di piazza Fontana ed il confino dei suoi due imputati su quel piccolo puntino in mezzo al mare e la contestuale protesta degli isolani – una delle facce di un evento storico increscioso del secolo scorso della quale non si è mai parlato – il naufragio della Costa Concordia e la crisi economica che imperversa negli scenari aziendali odierni.
E quella di un nucleo famigliare.
Con tutto il mondo che attorno le ruota.
Gli amici, gli amori, gli amanti.
I sogni, i sacrifici e le sconfitte.
Una saga famigliare in cui la fanno da padrone quattro donne.
Nonnalina, verace di poche parole, con la guerra e la Resistenza addosso e nei ricordi.
Mamma Elena. La rossa. Una laurea in economia, e quella che è più di una viscerale passione per la politica e la giustizia.
Due sorelle.
Caterina, la maggiore. Esuberante e disinvolta. Più intelligente, impetuosa, intraprendente. La degna discendente di quei geni rosa tenaci e guerrieri che le scorrono in vena.
Teresa, la sorella minore. L’isola minore. L’opposto di sua sorella ma a lei così legata. Voce narrante di tutto il romanzo e l’ultima di una stirpe di donne che ai suoi occhi appaiono sempre così migliori di lei, quasi delle divinità, rispetto alle quali si sente così minore e sempre così fuori luogo.
C’è sicuramente, in questo romanzo, una bella lezione su come, per quanto sia piccolo l’universo in cui viviamo, non siamo scissi dal contesto storico e sociale in cui siamo inseriti, ed eventi più grossi di noi potrebbero travolgerci e modificare la nostra vita, da un momento all’altro, e che la storia si può fare anche in posti più piccoli, defilati, minori.
Ma un’ottima ragione per divorare questo romanzo è l’intensità, la forza e l’elegante e fragile caparbietà che le donne protagoniste sprigionano.
Isole Minori infatti è un libro in cui ritrovarsi, cullati dallo sciabordio del mare.
Ci propone quattro ritratti di donne di una semplicità e normalità quasi banale nelle quali rispecchiarsi.
Chi non ha avuto una nonna che in tempo di guerra ne abbia patito le sofferenze e ne abbia subito in un modo più o meno doloroso le conseguenze?
Chi non ha avuto una mamma che abbia vissuto gli anni Settanta come protagonista delle manifestazioni o come vittima di quelli che sono stati i subbugli che si sono verificati in quel periodo?
Chi non ha avuto una sorella o un’amica così diametralmente opposta, così diversa, così estremamente estranea nel modo d’essere da noi, eppure così vicina?
Chi non ha avuto addosso quella sensazione di inadeguatezza guardando ai propri modelli attorno a sé?
Lorenza Pieri affresca tre generazioni di donne che affrontano a loro modo, con vigore, insicurezze ed audacia le avversità e la vivacità della vita.
L’occuparsi di una famiglia da sole, la scelta del percorso di studi più adatto, la lontananza da casa, l’amore e il tradimento, l’ineluttabilità della morte, i compromessi, le difficoltà lavorative.
Ovviamente non mancano i personaggi maschili in Isole Minori.
Vittorio e Pietro ci accompagnano nella lettura e orientano, a loro modo, il corso degli eventi in tutto il romanzo.
Eppure è impossibile non simpatizzare e sentirsi così simili alle protagoniste femminili.
Non ci sono supereroine, non ci sono stranezze, non c’è fantascienza.
Scorrendo le pagine incappiamo soltanto in una quotidianità che potrebbe essere la nostra.
C’è una storia inventata cadenzata da eventi e circostanze vicinissime al lettore.
E ciò che fa la differenza e lo rende così vicino a chi legge è quell’attitudine, il modo di affrontare le situazioni in cui Teresa e le sue care sono chiamate a misurarsi, e come dall’autrice ci vengono presentate.
Caratteri con personalità ben definite.
Mai subalterne.
Sempre unite.
Mai in una posizione inferiore, minore. Sia rispetto agli uomini, anche quando fanno loro del male, che rispetto agli episodi che le costringono a rimboccarsi le maniche della camicia.