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Alcuni avranno il mio perdono, intervista all’autore Luigi Romolo Carrino

Autore: Saverio Fontana
Testata: Arti e cultura
Data: 8 maggio 2017
URL: http://www.artiecultura.it/cultura/alcuni-avranno-il-mio-perdono-intervista-allautore-luigi-romolo-carrino-2/

E’ tornato Luigi Romolo Carrino con un nuovo romanzo noir ed è tornata Mariasole Simonetti, “vient’ ‘E Terra”, boss più potente di Napoli.

Con “Alcuni avranno il mio perdono”, collezione Sabot/Age edizioni e/o, Carrino chiude una trilogia, che ha inizio con “Acqua storta”(2008) e prosegue con “La buona legge di Mariasole”(2015), in cui Mariasole, colta e laureata, è costretta a vivere, suo malgrado, una vita che non è la sua.

“Nella Napoli di oggi, straziata da una guerra tra fazioni che dura ormai da otto anni, il sangue camorrista si è confuso col sangue degli innocenti. Mariasole Simonetti è a capo della federazione di clan “Acqua Storta” dalla notte in cui uccise il boss reggente davanti agli occhi della madre, la potente Angela Lieto, perché aveva decretato la morte di suo marito Giovanni Farnesini. In quella stessa notte Aldo Musso, fratello del capoclan dell’omonima famiglia, pagò con la vita i dubbi sollevati sulla reggenza di Mariasole. Mentre prosegue il gioco di sangue fra i potenti, il figlio sedicenne di Mariasole, Antonio Farnesini, scalpita per diventare il capo di un gruppo di piccoli criminali, ma c’è di mezzo il suo amore per Rosa Musso, figlia del nemico giurato di sua madre. La guerra fra le due fazioni continua, ma l’amore tra i due ragazzi mescolerà le carte in modo imprevedibile. Ogni delitto avrà la sua confessione, ogni male verrà scontato, ma solo alcuni verranno perdonati”.

Dal titolo si intuisce che la struttura della trama è un omaggio alla grande opera di William Shakespeare “Romeo e Giulietta”, l’autore, però, prende spunto da questo amore impossibile per raccontare uno spaccato di vita vera a Napoli, perché è vero, come ci tiene a sottolineare, che il 95% dei napoletani è costituito da gente per bene, ma è anche vero che il restante 5% ruota intorno alla camorra.

Quella di Carrino è una scrittura originale, colta, dotata di un delicato lirismo, moderna ed efficace che riconduce inequivocabilmente a lui.

Il vero punto di forza di questo romanzo è lo stile narrativo, unico, inedito, travolgente. La voce narrativa è quella del ventiduenne Arturo “il resto di niente”, nato dalla violenza di Giovanni Farnesini, padre di Antonio, quando si trovava in carcere, nei confronti di una donna che lavorava per la ditta della lavanderia. Non ha un papà, non ha una mamma, morta due anni prima, ha un fratello, il sedicenne Antonio, che è all’oscuro della sua storia. Arturo inizia a seguirlo per capire chi è, ed insieme al lettore scopre un mondo a lui, fino a quel momento, completamente estraneo.

Il cuore del lettore palpiterà per l’amore giovane, imprudente e passionale di Antonio e Rosa, palpiterà per le preoccupazioni di Mariasole per suo figlio, perché finanche “vient E’ Terra”, di fronte al bene per un figlio, è indifesa. Palpiterà insieme a quello di Antonio, Sergio, Armando e Arturo, ogni qualvolta commettono o subiscono un pestaggio o un agguato, palpiterà anche mentre Angela Lieto lascia “peppiare” la sua vendetta lentamente, proprio come fa il ragù. Palpiterà forte nel finale, palpiterà tanto da impedirgli di smettere di leggere, da costringerlo a leggere tutto d’un fiato, fino ad arrivare a scoprire che non tutti saranno perdonati.

Saverio Fontana ha incontrato l’autore Luigi Romolo Carrino per i lettori di artiecultura.it.

Dottor Carrino, dopo “La buona legge di Mariasole”, come nasce “Alcuni avranno il mio perdono”?

“Alcuni” ne é il naturale sequel, ambientato nove anni dopo. Avevo una buona idea, almeno per me, e ho deciso di raccontarla a soli due anni dall’uscita de “La buona legge di Mariasole”, già sequel di “Acqua Storta” uscito nel 2008.

Quanto è difficile per un napoletano che ama Napoli come lei raccontare una realtà così cruda?

Non è difficile. A volte, tuttavia, è necessario. Non siamo noi scrittori a dipingere di nero una bellissima città come la nostra. Non dobbiamo sentirci responsabili di una “realtà così cruda”, ma responsabili di doverla raccontare. Perciò non è difficile: a volte, solo un po’ doloroso.

Questa è anche una grande storia d’amore. Amore proibito tra Antonio e Rosa, amore materno di Mariasole, ma non solo, amore fraterno di Arturo. Anche in un sistema claustrofobico e spietato come quello camorristico può essere vissuto un sentimento così nobile?

Perché non dovrebbe? La Storia e la Letteratura sono saturi di sentimenti nobili generati da contesti malati. Si tratta di umanità, di caratteristiche che l’Uomo possiede a prescindere dal destino che viene poi ‘ammalato’ da meccanismi criminali. Possiamo, poi – e giustamente – non condividere il modus operandi di una certa umanità, ma il motore che muove determinati sentimenti ancestrali è da rintracciare negli orologi che scandiscono le leggi universali che muovono il mondo.

Mariasole è il capo di una federazione di clan, le sue guardie del corpo sono donne. Le donne di camorra si sono ritagliate uno spazio più importante rispetto alle donne delle altre associazioni mafiose del meridione d’Italia?

Per forza di cose. Gli uomini, i boss, hanno fatto tutti – un po’ tutti – una brutta fine. In galera, morti o latitanti. Le donne hanno dovuto – loro malgrado – prendere in mano le redini dei clan per sopravvivere nella foresta nera dell’illegalità, per non vedere il proprio impero finire in frantumi. Le donne di mafia e le donne della ‘ndrangheta, ad esempio, sono ancora un passo indietro al loro ‘maschio’. Una sorta di emancipazione – tristemente – nera e rosa insieme.

“La città dice che stiamo facendo una brutta fine e, dice la città, che questa fine noi ce la meritiamo tutta quanta”. Ci può “essere perdono” per chi è cresciuto tra le paranze?

Ci può e ci deve essere. Non tutti hanno la fortuna di avere mammà professoressa e papà avvocato. In alcuni casi, non c’è scampo alla predestinazione. Ma ci può essere una variazione sul tema, una diversificazione, a volte la si chiama ‘scelta’ anche quando scelta non ce n’è tanta. A volte, è un modo per rialzare la testa e cambiare le carte che sono state apparecchiate da chi ci ha preceduto. Il popolo di Napoli ci ha abituato, nel corso dei secoli, a delle alzate collettive di testa che hanno fatto la Storia, nel bene anche e non solo del male, del nostro Paese. Perché questo è un popolo speciale. Ora dorme, è un po’ sonnacchioso, ma non lo resterà per molto. Una speranza, certo, ma anche una certezza.

Il libro è dedicato a “tutti i librai che fanno i librai con un romanzo al posto del cuore”. Una bella e insolita dedica. Per quale motivo ha ritenuto di doverla fare?

Eh, perché sono furbetto… No, al di là della battuta, c’è un motivo preciso. Per le cose che scrivo, e per come le scrivo, io non ho la fortuna di essere così famoso, e in certi romanzi non sono proprio facilissimo da comprendere. Grazie ai librai, il mio lavoro viene sponsorizzato e proposto. Parlo di librai, non di commessi, e non sto parlando di qualità o di merito: dico solo che i librai veri si prendono a cuore un romanzo e lo propongono alla loro clientela così, solo per amore della scrittura. Di questo, sono felice e volevo dirlo a modo mio.