Un racconto che sembra un romanzo picaresco, accettando che il Novecento sia stato, nella sua ricchezza di bene e di male, un secolo appunto picaresco e strabordante, ma soprattutto una storia di amore tra un padre e figlio, tra uomini e donne, per l'arte ("l'immaginazione è l'esperienza dello scrittore") e soprattutto per la vita, così a portata di mano eppure così misteriosa e difficile spesso da scoprire e da afferrare. Non a caso il protagonista, che ha lo stesso nome del padre famoso pittore dalla movimentata e ricca esistenza, Nemesio Viti, alla fine rivendicherà il proprio vero nome, dopo essersi fatto chiamare per una vita con un diminutivo che è molto di più, Nemo, come a sottolineare la propria inesistenza, il suo nascondersi e passare le giornate come guardiano in un Museo delle Avanguardie addetto, non a caso, alla sala dei Vuotisti.
Un romanzo quindi comico e sentimentale assieme, fantastico e realista - in corsa al Premio Strega - che ci racconta due storie, quella piena di vita del padre e quella di suo figlio che, nel percorso per ritrovarsi, è come diventassero una sola, e assieme appunto la storia del Novecento, visto che il famoso pittore compie ben cento anni e gli viene dedicata una grande mostra antologica, durante l'inaugurazione della quale ha un malore e finirà in ospedale assistito da quel figlio che lo ha sempre fuggito, ma finalmente, in questa occasione, scoprirà per una quasi misteriosa immedesimazione, chi sia, chi sia stato e cosa abbia fatto il padre da quando nemmeno ventenne partì per la Grande guerra come ragazzo del '99.
Eccolo così alle prese con sua madre Nora (che invaghita della moda viennese di Freud, ha un curioso rapporto con la psicanalisi), quindi col fascismo, poi con un'altra grande guerra, quindi con la lotta nella Resistenza (fatta a Salò!) e l'Italia del dopoguerra, tra le diverse intransigenze di Dc e Pci, e insieme artista che si misura con tutte le avanguardie, a cominciare dal Futurismo e fondando l'MMM - Movimento Movimento Movimento, e visita e vive le grandi capitali della cultura europea, da Berlino a Parigi, amando donne di ogni genere, cameriere, modelle sino a una badante peruviana, compresa la madre di Nemo che lo ha reso padre a 70 anni nel 1969. "Sono nato da uno sperma vecchio" è la prima affermazione del libro e quella che torna in mente a Nemo ogni giorno al risveglio, come ad annunciare subito un'esistenza esausta, spenta, ma iniziata nell'anno della "fantasia al potere", così che avrà invece nel sogno e nella immaginazione il suo riscatto sorprendente, con la scoperta che "rinnegando mio padre, non avevo solo negato me a lui, ma anche lui a me" per arrivare a una "riappropriazione emotiva".
La scrittura di Rossari, noto e quotato traduttore, è un po' lo specchio di tanta ricchezza, paradossale come le contraddizioni e le sorprese misteriose della vita, ma non sperimentale, ricca di quegli sgomenti e stupori che sono dei protagonisti, sorprendente e comico per storie inventate e personaggi veri che romanzescamente scorrono per 500 pagine esatte, tra allusioni, citazioni, giochi con le parole e le figure retoriche. Quindi un libro certo strabordante, che si legge su più piani, trascinati dal contenuto, distratti dalle invenzioni e situazioni, coinvolti dalla scrittura, di giorno in giorno lungo questa settimana in cui Nemo ogni notte viene travolto dal passato del padre (dalle sue cento vite) e ogni mattina si ritrova alle prese con gli ultimi giorni di quest'uomo la cui presenza è tanto invadente e soffocante, se non ci fosse una scritta per strada 'Erika ripensaci!' che spinge anche lui stesso a ripensarci, e non farla finita, arrivando alla fine a ritrovare, attraverso l'esistenza del vecchio, se stesso.