Solo una penna surreale ed empatica come sa farla funzionare Fabio Bartolomei può costruire, e sostenere, il plot fantasioso eppure credibile che si scopre in La grazia del demolitore.
Davide è il rampollo di un palazzinaro senza scrupoli e di una donna persa in una qualche malinconica dolcezza mentale, che parla con suo figlio coinvolgendolo in raffinati passi di Tango Argentino. Questo giovane, che dispone di una vita a dire poco scevra da problemi, può contare su una Maserati, un conto in banca apparentemente illimitato, tutte le donne che gli vanno a genio e un paio di amici altrettanto abbienti e stralunati. Eppure si interessa e poi invaghisce di una ragazza cieca, Ursula, che ha il difetto (o il pregio?) di occupare l'ultimo alloggio di uno stabile condannato alla demolizione dall'ingordigia del palazzinaro di cui sopra. Davide, nel tentativo di rendere più semplice la vita alla ragazza, non si accontenta di riparare marciapiedi sconnessi, dove lei potrebbe inciampare, ma aggiunge alberi e cespugli profumati, perché le essenze colmino il gap sensoriale della mancata vista e la aiutino a orientarsi.
Un romanzo pieno di trovate, difficile parlarne senza svelare troppo, però anche difficile tacere di quando il nostro demolitore in pectore trascrive, in bassorilievo Braille (!), sul corrimano della scala, le poesie di uno dei libri più consultati da Ursula. Salvo scoprire che non di poesie si tratta.
Se avete letto La banda degli invisibili, Giulia 1300 e altri miracoli e We Are Family, troverete questo nuovo romanzo ancora più irresistibile. E la penna di Bartolomei diventa sempre più raffinata.