Presi per la gola, letteralmente. Prima sedotti con sapori perfetti e poi, servita l’ultima cena, soffocati da una stretta fatale. Il piacere della gola (così intimamente connesso al bisogno atavico di nutrirsi per sopravvivere) – sembra volerci suggerire lo scrittore americano Harry Kressing – quasi mai conduce a una vera e definitiva soddisfazione. In questo curioso romanzo, pubblicato nel 1965, Kressing apparecchia un banchetto cerimoniale centrifugo, destinato a reiterarsi a ciclo continuo: dagli aperitivi ai dessert, e da questi nuovamente agli aperitivi, complici dei commensali mai sazi agiti da un misterioso stordimento. Tutto si svolge nella piccola cittadina di Cobb, poco più che un villaggio ai piedi di una scoscesa altura dove sorge l’antico castello di Prominence. Le famiglie più importanti di Cobb sono gli Hill e i Vale, coeredi da generazioni del disabitato castello, un’imponente architettura gotica di circa duecento stanze. «…Lontano, le mura merlate di Prominence spiccavano contro il cielo di scuro argento. Disposte asimmetricamente, risaltavano opache, scure forme di finestre mai illuminate, da cui non veniva un suono, una voce, e a cui nessuno si affacciava…» Le residenze degli Hill e dei Vale distano circa un chilometro dal centro abitato, comode ai servizi ma debitamente appartate. Siamo in America o nella vecchia Inghilterra? Siamo nell’Ottocento o nel Novecento? L’autore, abilmente, non fornisce al riguardo indizi esaustivi; la storia, pur calata in un contesto reale, si snoda parallelamente su un piano simbolico, tra atmosfere di vago sapore hoffmanniano. Conrad Venn è il cuoco. Il suo arrivo al servizio degli Hill segna un punto di non ritorno. Alto, segaligno, vestito di nero, con grandi occhi penetranti e un grosso naso adunco, si incista su un ordine che si credeva fosse immutabile e, passo dopo passo, intingolo dopo intingolo, lo stravolge, lo rovescia. Il cuoco, dispotico seduttore, si rivelerà uno spietato e potente manipolatore. Nessuno saprà resistere alla squisitezza perfetta delle sue misteriose portate: pietanze succulente in dionisiaco equilibrio tra vista, olfatto e gusto, capolavori culinari d’inenarrabile prelibatezza.
Una cucina stregata quella di Conrad Venn, la quintessenza della gustosità, pungolo d’ogni appetito, dalle semplici tartine imburrate servite a colazione alle monumentali oche ripiene intavolate per cena, e nel mezzo tutta una teoria di manicaretti, tra salse, glasse, farciture e zuppiere fumanti. Tutti i membri della famiglia cadono preda di un incantesimo. La preparazione e la degustazione dei cibi non lasciano spazio ad altre attività: tutto finisce presto per ruotare intorno a una tavola imbandita. Cos’ha in mente questo diabolico cuoco? Da quali libri ha appreso le sue arti? Forse da quelli che custodisce gelosamente nella sua stanza? Se sia malvagio o se, al contrario, non sia impegnato in altro che nell’esercizio del suo mestiere è difficile stabilire. Kressing lo tratteggia in controluce, ce lo mostra a carte scoperte sì, ma con altrettante occultate nelle maniche (o sotto il suo buffo cappello da chef).
Figura d’inquietante pregnanza, lucida e al contempo delirante, la si direbbe uscita dalla penna di Octave Mirbeau. Padrone del sapore, brandendo il mestolo di rame alla stregua di una spada d’argento, il cuoco fa piazza pulita della servitù degli Hill – il vecchio maggiordomo Maxfield, la governante Wigton, la maldestra cameriera Betsy, il tuttofare Rudolph – e insedia una nuova gerarchia: sarà il signor Hill a fare il maggiordomo, la signora laverà i piatti e apparecchierà la tavola, mentre il giovane rampollo Harold andrà ai fornelli (allievo di cotanto maestro). Senza battere ciglio, come sotto ipnosi, gli Hill obbediscono ai dettami del cuoco; il mondo esterno agli occhi degli Hill si svuota di ogni attrattiva: è la casa il vero mondo, anzi la tavola, una tavola che per volontà di Conrad ora vanta un costosissimo servizio di porcellane “Gran Gala des Connaisseurs” e ricercatissima posateria.
Anche i Vale, come gli Hill, finiranno per bollire nello stesso brodo. Più che cuoco, alchimista, Conrad Venn arriverà a sedersi a capotavola e a farsi servire dai suoi ex padroni: un mondo alla rovescia che, dulcis in fundo, lo vedrà sposo della bella Ester Hill. In breve, con quest’ultima manovra il cuoco erediterà il castello di Prominence, dove si stabilirà per il resto dei suoi giorni. Qui, fuori dal tempo e dallo spazio, circondato da una corte affamata e godereccia, Conrad Venn vivrà con la consorte un banchetto senza fine, ingozzandosi fino all’obesità. Ecco un’altra trasformazione: al ribaltamento dei signori in servi fa da contraltare la luciferina silhouette del cuoco che da segaligna si fa pingue e deforme.
Poco o nulla ci è dato di sapere sull’autore Harry Kressing, forse pseudonimo di Harry Adam Ruber (New York, 1928 – Minnesota, 1990); fonti lacunose ci informano che servì nell’aviazione statunitense, che esercitò alcuni anni come avvocato, e che visse per lo più tra l’Irlanda e l’Inghilterra. La sua reale identità è avvolta nel mistero. Sotto lo pseudonimo di Harry Kressing sono stati pubblicati anche i due racconti lunghi di Married Lives (1974).