Quel giorno, al cimitero El-Zallaj di Tunisi era riunito l'intero vicinato: la famiglia affranta, i parenti arrivati dall'estero e tutti quelli che , da vicino e da lontano, avevano condiviso il lungo percorso di hajj Mahmud. Nel silenzio interrotto solo dalle grida di dolore, dalla folla si distacca Abdel Nasser, uno dei figli del defunto, e gridando insulti inizia a picchiare violentemente l'imam che legge il Corano di fronte al corpo del padre: è l'inizio de L'Italiano, romanzo di esordio di Shukri al-Mabkhout, tunisino, vincitore nel 2015 dell'International Prize for Arabic fiction, il più importante premio riservato alla letteratura araba.
Per scoprire cosa si nasconda dietro quella aggressione un amico di Abdel Nasser inizia a raccontare la storia del giovane, noto come l'Italiano per la sua eleganza e il suo bell'aspetto, e così facendo porta il lettore per mano nella Tunisia degli anni Ottanta e Novanta, a cavallo fra gli ultimi anni di Bourghiba e il colpo di stato di porta al potere il primo ministro Ben Ali.
Per il paese è un'epoca di grandi tensioni e cambiamenti sociali: sotto l'occhio attento e repressivo del governo, nella società si fanno strada due forze opposte. Da un lato quella degli islamisti, che contrastano le aperture al laicismo del governo, e dall'altra quelle della sinistra, carica di idee e fermenti rivoluzionari. Per i giovani istruiti come Abdel Nasser e suo fratello Salah ed-Din la scelta è quasi naturale: ribelle e sognatore fin dall'adolescenza, "l'Italiano" si lancia appieno nel movimento, fino a diventarne uno dei leader universitari più noti e apprezzati. Il suo fascino naturale e le sue capacità oratorie fanno breccia nel cuore di Zeina, una delle studentesse più brillanti dell'università, di origine berbera, emigrata a Tunisi alla ricerca di un futuro migliore.
Il bacio fra i due durante una manifestazione è la scena in cui il libro decolla: quello che fino ad allora appariva come il racconto della formazione di un giovane si allarga fino a diventare il ritratto di una società ancora patriarcale e conservatrice che convive con i germogli del cambiamento. Zeina è fuggita dal suo paese non solo in cerca di un'istruzione, ma anche per sfuggire alle conseguenze di uno stupro consumato dentro le pareti domestiche ed è ossessionata dallo studio e dai suoi risultati perché sa che solo attraverso i libri potrà guadagnarsi l'autonomia che sogna. Quando l'impossibilità di farcela da sola la costringe a sposare Abdel Nasser, vive il tutto con fastidio, come se fosse un contratto da onorare, segnando così l'inizio della fine della relazione fino a quel momento appassionata e sincera.
Attraverso flashback continui e richiami a fatti realmente accaduti, l'autore racconta la fine dei sogni della coppia e la trasformazione di Abdel Nasser da giovane ribelle a giornalista disilluso e stanco, che progressivamente mette da parte i sogni dei tempi dell'università per diventare una perfetta rotella dell'ingranaggio di potere dello Stato. La traduzione di Barbara Teresi riesce a restituire la tensione di un linguaggio preciso e mai retorico e fa in modo che nelle trecentosessanta pagine del libro l'equilibrio narrativo non si spezzi mai, pur passando costantemente da una narrazione individuale a una corale. I flussi di coscienza di Abdel Nasser, le sue sensazioni contrastanti per Zeina, sono universali e toccano i lettori di ogni parte del mondo, sfatando il mito di una letteratura araba incapace di parlare un linguaggio universale. Ma nelle pagine in cui al-Mabkhout racconta del modo in cui i giornali descrivono la realtà o in quelle in cui si sofferma sulla delusione di Zeina, bocciata a un concorso che avrebbe meritato di vincere dal professore di cui aveva rifiutato le avance sessuali, è impossibile non cogliere echi di attualità non soltanto della Tunisia, ma di molti altri paesi del mondo arabo. "Abdel Nasser incarna tanti giovani della mia generazione", ha detto l'autore in un'intervista, ma molti dei suoi tratti - soprattutto nella parte iniziale del libro - sono simili a quelli dei ragazzi che nel 2011 proprio in Tunisia accesero il fuoco di quell'incendio che poi si espanse all'intero mondo arabo. Parallelo che non sfugge allo stesso al-Mabkhout: "Quel che di quei giovani rimane ancora oggi è quella voglia di libertà in una società ancora ambivalente: aperta e conservatrice a un tempo stesso. Oggi però rispetto ad Abdel Nasser e Zeina i ragazzi hanno un'altra cultura, più audace e meno teorica". Tanto che è difficile non leggere nella parte finale del libro, quella in cui al-Mabkhout traccia il ritratto della corruzione e della depravazione degli intellettuali negli anni di Ben Ali, un attacco ai tanti che dal treno della rivoluzione sono scesi molto presto.
E forse è proprio questo che ha decretato il successo riscosso dall'Italiano nei paesi arabi in cui è stato pubblicato (in alcune nazioni è stato bloccato dalla censura a causa delle scene sessuali piuttosto esplicite che contiene).
Figlio di una generazione delusa e demoralizzata, Shukri al-Mabkhout traccia un ritratto senza filtri non solo di quegli uomini, ma anche dei nipoti che hanno preso in mano la loro fiaccola: e ai suoi lettori pare lanciare un monito. Lontana dagli occhi e dalle menti del resto del mondo, anche la più pura delle speranze è destinata a estinguersi.