Padre e figlio fanno un viaggio in auto verso la Svizzera. La loro meta è la “casa blu”, una clinica dove viene praticata l’eutanasia, con lo scopo di scrivere un reportage sui malati terminali e sulla scelta del suicidio medicalmente assistito. Sarà un modo per conoscersi come non avevano mai fatto.
Non sappiamo quali siano i nomi dei due protagonisti de La casa blu. Sappiamo che si tratta di un padre e di un figlio adolescente e che intraprendono un viaggio apparentemente di lavoro, ma che nasconde un risvolto drammatico. Il padre è un uomo da tempo malato di depressione, trascorre intere giornate al riparo da tutti in una soffitta, non lavora più, non interagisce quasi mai con la sua famiglia. Conosce a malapena suo figlio, divenuto ormai un adolescente.
Il figlio, d’altro canto, ha un pessimo giudizio sul padre, sa che non è in grado di badare alla famiglia e che non si può contare su di lui. È un tipo sveglio e in gamba, gira sempre con una copia dell’Iliade, come faceva Alessandro Magno, ed è profondo e analitico nelle riflessioni che fa. Lo ha sempre visto isolarsi da tutto il resto, vivere nel suo mondo e non curarsi di quello che gli accade intorno.
«Ma cos’è la depressione? Io non l’ho ancora capito».
«La depressione non è una vera malattia, gli uomini se la sono inventata».
«E allora perché fa stare così male?».
«Perché è peggio di una cosa vera, di una malattia mortale».
È uno scrittore, il padre, o almeno lo era, e con la scusa di dover scrivere un reportage si reca in Svizzera in una casa dove viene praticato il suicidio medicalmente assistito per i malati terminali. Con il figlio, affronta questo argomento delicato durante il viaggio.
Parlano di molte cose, gli rivolge molte domande per conoscere i suoi gusti, i suoi interessi e a sua volta si apre, scopre sfumature del figlio che non conosceva nemmeno e si vede riflesso nei suoi occhi giovani eppure così maturi. Si vede vecchio, inutile.
La decisione che ha preso non è facile ma gli sembra l’unica possibile, l’unica in grado di liberarlo da quella sofferenza che lo attanaglia da tutta la vita.
Quando il figlio lo scopre non affronta subito il padre, tenta di tornare a casa facendosi dare un passaggio. Incontra dunque un signore, un signore che sta scappando dalla Casa blu perché non ha avuto il coraggio di andare fino in fondo e che conosce bene il padre del ragazzo. Ha il cancro e ha scelto l’eutanasia per morire in modo dignitoso. Lì, in quella casa blu, dove si può lasciare questa vita scegliendo anche una colonna sonora e le persone che si desidera avere accanto, padre e figlio lo accompagneranno nei suoi ultimi istanti di vita.
Un viaggio verso la morte che si trasforma in un viaggio che apre alla vita.
Approfondimento
In poco più di novanta pagine, Massimiliano Governi ci mette il cuore in subbuglio e ci induce a riflettere sul senso della vita e su quanto sia importante viverla fino in fondo. Governi esprime un punto di vista forte sull’eutanasia, sulla depressione e sul perché è importante trovare un appiglio, una forza per reagire e tornare a vivere la vita, la cosa più preziosa che possediamo.
La casa blu è scritto interamente in forma dialogata. Si legge tutto d’un fiato e nonostante il tema delicato non risulta pesante o scontato.