Se Saviano racconta una città brutta e pericolosa, le “paranze” e le “stese” che affliggono Napoli, se de Giovanni racconta Storie di uomini e donne che potremmo essere noi, ma solo in quella stessa Napoli potrebbero accadere, Luigi Romolo Carrino è una crasi perfetta di due stili così lontani. La Federazione di Acqua Storta che raggruppa una serie di famiglie camorriste, ha il controllo dello spaccio del gioco e di tutte le attività criminali, equamente spartite. Un accordo costato sangue e dolore, fragile come un cristallo, che Mariasole ha costruito superando tutto, diventando Viento ‘e terra, spazzando via amici e nemici, con la forza che viene dall’amore strappato. Adesso ha tutto è tutto, ma sopra ogni cosa è una madre. Lei è quello che può fare una madre. Luigi Romolo Carrino è un cavallo balzano di uno, matto e lucidissimo, capace di raccontare le peggiori atrocità con la grazia e la delicatezza di una ricamatrice. Sapiente nell’usare un idioma che è tutto suo, ti lascia spiazzato quando inizi a leggerlo, è una scrittura difficile, una costruzione che ribalta i canoni della prosa e li mette al servizio del dramma, diventando una musica, (personalmente ci ho trovato echi di Gadda e De Luca). La città è la voce di chi la vive, di chi assiste facendo lo sfondo ed essendo contemporaneamente voce narrante. Il Coro greco delle Tragedie. Ma è anche la voce di chi ha imparato a salmodiare un rosario scansando le mine inesplose rimaste a terra. Una storia di guerra che diventa riga dopo riga una storia intrisa d’amore. Amore filiale amore materno, fraterno carnale. Amore che si mescola alla morte senza soluzione di continuità, che nello stesso gesto è dolcissimo e crudele. Augurandomi di sbagliare dubito che diventerà mai un best sellers, ma se fossi in voi (ve lo dissi quando parlai de Il pallonaro), io mi regalerei dei momenti di assoluta goduria, partendo da Acqua Storta, che apre la trilogia, e concludendo con Alcuni avranno il mio perdono che chiude il cerchio come avrebbe potuto fare Giotto. Per fortuna, checché se ne dica, in Italia si legge poco, ma ci sono editori e direttori di collana, che vedono lontano.