“Chi era in prima fila aveva visto Abdel Nasser dare un calcio con i suoi pesanti anfibi in faccia all’imam, che si trovava all’interno della fossa e predisponeva la salma all’inumazione. Il colpo si era sentito forte e chiaro, il che dava l’idea della forza con cui era stato sferrato. Abdel Nasser, in un’esplosione di collera, apostrofava l’imam, sheikh ‘Allala, con gli epiteti più osceni, degni soltanto della gente dei bassifondi. Non contento, gli si era avventato contro riempiendolo di pugni e forse l’avrebbe anche strangolato se io non l’avessi trascinato via e portato lontano da lì insieme ad alcuni amici, mentre lui continuava a sbraitare insulti e minacce schiumando di rabbia finché non perse conoscenza.”
tunisi vedutaQuesta scena drammatica è il quadro d’apertura che ci viene narrato dall’amico del protagonista: da qui e per spiegare perché Abdel Nasser sia arrivato a tanto, il suo amico e narratore ripercorre la sua vita e quelle delle tante persone che l’hanno popolata, in un affresco storico e sociale degli anni più cruciali della Tunisia del dopoguerra.
Prima di tutto la grande famiglia di Abdel Nasser, dominata dalla figura della madre fino all’età adulta del fratello maggiore, Salah ed-Din, che dall’alto della sua autorevolezza, diventa il vero capo famiglia, mentre il padre, uomo pacato e amante della tranquillità, si ritaglia un ruolo più defilato. La casa di questa famiglia è densamente popolata da donne: la madre, le sorelle, la domestica e l’amica di famiglia, prima avventura del fratello maggiore e poi sposa dell’imam, con un ruolo peculiare nella adolescenza di Abdel.
Dunque, il romanzo si apre sulla scena del funerale del padre di Abdel Nasser, quasi come in un rimando esplicito ad un caposaldo della letteratura francese del Novecento, “Lo straniero” di Albert Camus, nel quale si trattava del funerale della madre; lo straniero, l’Italiano. L’Italiano, così chiamato, per il suo bell’aspetto, delicato, dalle sembianze europee, nonostante nell’incipit si apprenda la sua discendenza mista tra Andalusia e Turchia; forse perché la madre guardava sempre e sognava gli attori che vedeva nella televisione italiana, insinuano le vicine?
Il narratore conosce tutto della vita di Abdel Nasser: si conoscono fin da bambini quando, nello stesso rione giocavano e andavano alla stessa scuola. Una di quelle amicizie al maschile dove il cemento dell’affetto che la tiene coesa non si scalfisce nemmeno di fronte alle prove che la vita mette davanti, ai momentanei dissapori o divergenze.
“Non ho mai dimenticato quanto devo ad Abdel Nasser. Lui mi ha scelto come depositario dei suoi segreti. Mi raccontava quasi tutto, mi confidava le sue paure e mi rendeva partecipe delle sue manovre, dei suoi giochi, dei suoi piani.”
Dunque un filtro attraverso il quale seguiamo la vita e le vicende del protagonista, dai tempi della scuola secondaria in cui si improvvisava filosofo e fondava un club con i compagni, agli anni dell’università, fino alla vita adulta.
tunisi universitàAbdel Nasser, a differenza di quanto il suo amico aveva pensato, si iscrive a Giurisprudenza e non a Filosofia; nel corso degli anni universitari, diviene il leader del movimento studentesco, a capo dell’organizzazione più influente tra i movimenti di opposizione all’interno dell’università, al governo di Bourghiba. Anni di impegno politico, di studi approfonditi e di relazioni con gli altri studenti, con i professori, sul filo del rasoio, in bilico tra l’ammirazione suscitata nella massa studentesca, e l’interesse pericoloso delle forze dell’ordine.
In quegli anni Abdel Nasser conosce la donna più importante nella sua vita: la bella e coltissima Zeina. I due si attraggono e si respingono, si studiano, si criticano e si ammirano, fino ad arrivare, in un crescendo di avvenimenti, a trovarsi l’uno di fianco all’altro, e a scoprirsi l’uno necessario all’altro.
Tra loro ci sono più differenze che affinità: lui figlio di una agiata e colta famiglia borghese, lei originaria di un paese povero del nordovest, nata e cresciuta in una famiglia berbera poverissima, dove tutti sono analfabeti e dove lei, per volere della madre, viene avviata agli studi grazie al talento che riesce ad esprimere fin dai primi anni alle scuole elementari.
“Sono sempre stata attratta da qualunque pagina scritta. Leggevo persino i fogli di giornale con cui il droghiere avvolgeva i prodotti. Leggevo tutti i testi scolastici non appena li ricevevamo dal Comune o dal sindaco come sussidio per le famiglie indigenti. Li leggevo più di una volta, senza tenere affatto in considerazione i programmi scolastici. Chiedevo agli alunni più grandi il significato delle parole difficili e poi le imparavo a memoria. Mi facevo prestare i loro libri, e leggevo anche quelli. Sono stata fortunata: quando mia madre ha scoperto la mia passione per la lettura ha cominciato a portarmi ogni giorno due quotidiani che trovava in casa della sua datrice di lavoro.”
È così che comincia la costruzione della sua solida cultura: la curiosità e la sete di conoscenza di una ragazzina fuori dal normale, rispetto alle sue coetanee. Curiosità che andrà sempre più a guidare le sue scelte. Schiva e disinteressata ai piaceri della vita, tormentata e ostinatamente dedicata alla sua missione: divenire una docente universitaria di filosofia, Zeina nel corso degli anni, accresce in modo smisurato la sua cultura, passa il tempo a studiare, a leggere e poco si cura della sua femminilità; non si schiera politicamente con i movimenti studenteschi e anzi mantiene un atteggiamento critico nei confronti di tutti, in maniera intransigente, una posizione anarchica malvista, tanto da metterla in pericolo persino tra i compagni universitari. Proprio per la sua personalità complessa e ricca, per la sua capacità di sfidare e tenere testa alla maggior parte degli altri attivisti, appare affascinante agli occhi di Abdel Nasser che, da parte sua, non ha che da scegliere tra le tante pretendenti ma che, essendo a sua volta un uomo colto e impegnato nell’attività politica, non può che rimanere ammaliato da Zeina. Il rapporto, complesso e a volte tumultuoso, riempie la vita di entrambi, alternando momenti di sublime complicità ad altri di incomunicabilità se non di vera avversione.
“La vedeva come puro intelletto adatto soltanto ai giochi concettuali, ai voli pindarici, alla scomposizione delle parole, a controbattere le opinioni e insinuare il dubbio nelle certezze. E tuttavia quel puro intelletto, quando le labbra dell’Italiano iniziavano a succhiare il liquido di quella canna da zucchero pensante e le sue mani frugavano nella sua superficie levigata, (…) diventava un fuscello verde e tenero che si piegava ogniqualvolta veniva sfiorato dal vento del desiderio.”
tunisi ave bourghibaIl romanzo si profila come il racconto di una generazione di studenti, impegnati nell’attività politica, pronti a combattere per inseguire gli ideali di giustizia sociale e libertà che, sebbene apparissero alla base della rivoluzione politica e culturale del Presidente, nonostante i progressi e l’emancipazione secolarizzata attuata dal padre della patria, si rivelano sempre più una trappola. Studenti che una volta laureati entrano nel mondo del lavoro, in uno dei momenti più delicati della storia tunisina del Ventesimo secolo. Sono gli anni ’80 e ’90, la fine dell’era Bourghiba per mano del generale Ben Alì che, con un colpo di stato, destituisce il presidente e ne prende il posto.
Abdel Nasser diviene un giornalista, entrando nel giornale filo-governativo e conducendo la sua attività nell’alternanza tra i suoi aneliti liberisti e i compromessi necessari per sopravvivere e mantenere il suo ruolo. Lo salvano le sue capacità e l’ammirazione del direttore, almeno finché il contesto politico lo permetterà.
“Un mondo marcio, pieno di tradimenti, volgarità, avidità, abiezioni e bassezze. Non gli confessò mai quale fosse la sua parte in tutto questo, però aveva alluso al fatto che chi stava al proprio posto e faceva il proprio lavoro comunque non si salvava da quel sistema: quelli che non vi annegavano dentro venivano spruzzati dagli schizzi d’acqua da ogni parte. Disse che chiunque si muovesse all’interno di una qualsiasi istituzione statale camminava sul filo del rasoio e sarebbe potuto cadere giù al solo battito d’ali di una farfalla, trovando sotto di sé i coccodrilli dalle bocche spalancate in attesa di serrare le fauci intorno a lui.”
Sono gli anni incandescenti delle tensioni rivoluzionarie, dell’ascesa dell’islamismo radicale, di fronte ad una società quasi attonita che aspirava alla pace sociale ed alla libertà di espressione e di culto, non accorgendosi del pericolo che soffiava sul fuoco delle tensioni. Sono gli anni che precedono e preparano la cosiddetta “Rivoluzione dei gelsomini”, con tutte le contraddizioni drammatiche che la caratterizzano.
Riporto uno stralcio ripreso da “La stampa Tutto libri”, dell’analisi della giornalista Francesca Paci:
“Verrebbe da credere che la Tunisia e un po’ l’intero mondo arabo siano imprigionati in una sorta di coazione a ripetere all’infinito gli stessi errori. Gli slogan che nell’entourage di Abdel Nasser e Zeina invocano la rivoluzione dell’uomo e della donna vengono soffocati dalle sirene della polizia, le squadre antisommossa, le grida dei torturati nelle prigioni del regime pari a quelle delle vittime della repressione sessuale, le risate ciniche dei corrotti, il silenzio complice dei rassegnati, la paura del caos in agguato dietro qualsiasi trasformazione sociale, il canto del muezzin che nelle mani dei cattivi maestri si leva subdolo a raccogliere il pianto degli umiliati. Tutto vero e tutto grossomodo rivissuto in diretta sei anni fa. È il ciclo immutabile dei vinti? Forse non solo. Perché il romanzo è l’espressione letteraria della borghesia e la borghesia è storicamente il motore dei cambiamenti sociali e il mondo arabo produce ormai parecchi romanzi e la qualità dei romanzi arabi migliora di anno in anno… È la storia del presente e la fiction aiuta ad aggirare le difficoltà della cronaca.”
Abdel Nasser guarda con preoccupazione crescente al volgere degli eventi:
“cominciò ad analizzare il fenomeno degli islamisti dal suo punto di vista basato sul materialismo storico. Li considerava, come già ai tempi dell’università, un prodotto del modello economico semifeudale e semicapitalista, nonché dell’incapacità da parte dello Stato di contrastare la povertà, sottomesso com’era all’egemonia del capitalismo mondiale e dell’imperialismo. Nell’islamismo vedeva un’espressione dell’impoverimento delle aree rurali e del provincialismo delle città durante l’era Bourghiba.”
Si rende conto che anche l’ambiente del giornale nel quale lavora ha subito un cambiamento dal quale difficilmente si tornerà indietro.
“Il mondo della cultura e del giornalismo si dischiuse davanti ad Abdel Nasser con tutti i suoi segreti. Iniziò a vederlo come un grande manicomio i cui pazienti erano devastati da menzogne, illusioni, alcol, frustrazione, e talvolta anche hashish. Era svanita ogni differenza qualitativa tra chi impugnava la penna e le idee e chi brandiva coltelli e vendeva alcolici sottobanco.”
Un aspetto che mi ha colpito molto in questo romanzo è il ruolo che le donne hanno nella società: sono quasi tutte donne evolute, emancipate, acculturate e indipendenti dai maschi con cui si relazionano. Ricoprono posizioni importanti soprattutto nel mondo della cultura, guidano le loro famiglie con saggezza e lungimiranza, senza mai perdere la loro sensualità e mostrandosi, in alcuni casi, anche un po’ libertine e “goderecce”. Bisogna dire che le donne qui rappresentate vivono nella capitale, in un ambito borghese e progressista; forse non lo stesso si può dire di ciò che avviene nelle zone più rurali e arretrate.
L’autore Shukri Al-Mabkhout è rettore dell’Università Al Manouba, editorialista, critico letterario e traduttore; la sua esperienza e conoscenza della società tunisina conferiscono a questo travolgente romanzo il giusto equilibrio tra il racconto storico di una generazione, con le sue contraddizioni, i suoi ideali e la sua disillusione, e la storia di un uomo e delle persone con cui ha diviso la sua vita. Un affresco sociale e particolare, un perfetto racconto denso di pathos e tensione; una scrittura ricca seppur mai ridondante, affilata e tesa come una spada. Nella pagina dell’editore trovate anche l’intervista all’autore pubblicata sull’inserto “La Lettura” del Corriere della Sera, condotta da Viviana Mazza.