L’italiano è il nomignolo di Abdel Nasser. Un soprannome dettato dal bell’aspetto, dalle sembianze europee. Secondo alcune donne del villaggio, frutto di un desiderio proibito di sua madre per uno dei presentatori di Rai Uno – all’epoca l’unico canale italiano trasmesso in Nord Africa. Abdel è un tunisino, prima leader del movimento studentesco, poi capo di un’organizzazione di estrema sinistra durante gli anni dell’università. Infine giornalista talentuoso e di successo che lavora per una testata filogovernativa. Un personaggio mutevole e complesso.
“Nessuno dei presenti quel giorno al cimitero riuscì a capire perché Abdel Nasser si fosse comportato in quel modo così violento. Neppure il fatto di essere sconvolto per la morte di hajj Mahmud sembrava una giustificazione”.
Come in un deja-vu letterario, le prime righe del romanzo ricordano l’incipit del capolavoro indiscusso di Albert Camus, Lo straniero. Un funerale, un genitore che muore e un figlio che non si rassegna. Qui non è la madre, bensì il padre; quello di Abdel, con cui il giovane ha sempre avuto un rapporto difficile, per non dire conflittuale. La scena del racconto cambia improvvisamente, servendosi di numerosi flashback per raccontare e svelare lati oscuri del passato dei protagonisti: screzi familiari, desideri distrutti, ambizioni tradite. E poi, sullo sfondo, la Tunisia, che si fa – al tempo stesso – teatro e protagonista. Il romanzo è ambientato in un periodo delicato per la storia del paese; siamo tra gli anni ‘80 e ‘90, quando tensioni sociali e politiche porteranno ad un sovvertimento dello status quo: Zine el-Abidine Ben Ali, con un colpo di stato, destituisce il presidente Habib Bourghiba. Sono gli anni dei fermenti rivoluzionari e dell’ascesa dell’islamismo radicale.
Studenti disillusi
“Nell’islamismo vedeva un’espressione dell’impoverimento delle aree rurali e del provincialismo delle città durante l’era Bourghiba. La forza sociale che rappresentava era, infatti, un miscuglio tra la piccola borghesia nella sua componente più conservatrice ed economicamente incapace di ascesa sociale ai gradini più alti della vita piccolo-borghese, sia nelle loro misere province, sia nelle periferie di Tunisi, nate dall’emigrazione interna nei primi anni ‘70 in seguito alla politica di apertura economica e liberismo selvaggio”. In quegli stessi anni, Abdel e Zeina, avvenente studentessa di filosofia, vivono la loro storia d’amore. Tormentata, difficile e fatta di scelte. La notte del 6 novembre 1987, mentre Ben Ali tradisce il padre dell’indipendenza, Bourghiba, Abdel tradisce sua moglie, con Najla, la sua migliore amica. Le storie che si ritrovano ne L’Italiano accomunano molte giovani vissuti in quel periodo: parlano di studenti di sinistra disillusi dalla politica del proprio partito e critici nei confronti degli islamisti, come Zeina. Ragazzi e ragazze che, per dar voce al proprio malcontento interiore, si avviano alla carriera giornalistica, come Abdel.
Questo romanzo, tutt’altro che autobiografico – a detta dell’autore – racconta però la sua generazione, quella dell’omertà e della censura, quella dei giovani che sognavano la rivoluzione, e hanno creduto in valori come giustizia e libertà, nonostante il peso dalla dittatura. Un ultimo elemento va sicuramente sottolineato, nell’analisi complessiva del volume, un tema abusato e strumentalizzato dai più. Trattato invece da al-Mabkhout con intelligenza e garbo: il ruolo delle donne. Qui ce ne sono in abbondanza; sono tutte – o quasi – lavoratrici, emancipate. Donne sognatrici e un po’ libertine, la cui indipendenza nello scegliere da sole il proprio futuro, rappresenta la lotta costante contro l’oppressione maschile e la povertà culturale della propria società. Nonostante la censura in alcuni paesi del Golfo – Emirati Arabi e Kuwait – a causa di alcune scene erotiche abbastanza esplicite, L’Italiano di al-Mabkhout ha ricevuto nel 2015 l’International Prize for Arabic Fiction, confermando il talento letterario dell’attuale rettore dell’Università di Manouba. Ettalyeni, titolo originale del romanzo, pubblicato nel 2015, è stato definito il libro arabo più importante dell’anno