“Ho visto un’ombra in bilico sulla sommità della torre. Oscillava verso il baratro, balbettando una preghiera, sotto un cielo annegato nella pece. Una notte d’inverno dell’anno 1106 di Cristo Nostro Signore”
Così inizia il nostro incontro con Edgardo d’Arduino detto lo Storto, per via di una grave malformazione che fin dalla nascita ne condiziona l’aspetto; Edgardo, primogenito di una famiglia nobile. è schiavo del sentimento di inettitudine, di inadeguatezza che lo accompagna fin dalla nascita, dovuto sicuramente alla sua deformità, siamo in un’epoca dove la deformità è considerata opera del diavolo, ma anche e soprattutto alla sua sensibilità, tanto diversa da quella imperante nel tempo in cui vive. Per fuggire dal mondo dove si trova a disagio, è diventato chierico e abilissimo amanuense presso l’Abbazia di Bobbio, ma sta perdendo la vista è questo è il peggiore dei drammi per chi si occupa “dell’arte di disegnare le parole”. Per risolvere questo gravissimo problema Edgardo, abbandona l’abbazia e va alla ricerca della fantomatica “pietra per gli occhi” e dove se non a VENEZIA, patria dei famosi maestri vetrai, i cosiddetti “fiolari”.
Siamo agli inizi del 12° secolo, precisamente nel 1106, come recita l’incipit del primo libro (La pietra per gli occhi) e nel 1118 nel secondo (La bottega dello speziale), quando , grazie alla magia della letteratura, ci troviamo catapultati nello scenario di una Venezia inedita, nel bel mezzo di una città nascente fatta di fango e di paludi ben lontana dalla iconografia classica della Serenissima a cui siamo più abituati; una città desiderosa “di rubare terra alle acque e di edificare sul nulla”.ma anche ricettacolo di miasmi e miseria.
Ambedue i romanzi sono dei veri e propri noir di matrice storica, dove si intrecciano in modo naturale storie avvincenti, colpi di scena, mistero e soprattutto personaggi credibili non solo i protagonisti ma anche tutti i comprimari e sono davvero tanti: i maestri vetrai come Segrado e Tataro , i mercanti orientali, i frati amanuensi come l’abate Carimanno, i Grimani nobili veneziani, speziali come il nano Sabbatai, il Magister Abella (unica donna ad esercitare la professione di medico in città) e la schiava Kallis con la quale l’ex monaco Edgardo vive una grande storia d’amore.
I due romanzi sono un unicum, anche se possono essere benissimo letti separatamente avendo personaggi comuni ma storie diverse; nel primo (La pietra per gli occhi) il filo conduttore è la ricerca delle lenti, ovvero delle pietre per gli occhi, nel secondo (La bottega dello speziale) c’è l’illusione di sconfiggere la morte e il sogno di un’improbabile rinascita.
L’autore è anche un valente sceneggiatore di cinema di alto livello, questa abilità traspare nel suo stile di scrittore: sa come tenere attratto il lettore confezionando trame affascinanti e ricche ma nello stesso tempo ci regala affreschi storici e geografici di grande suggestione grazie anche a una scrittura che attinge al dialetto, agli antichi nome dei sestrieri, isole, canali e tutta una terminologia marinaresca; una descrizione quasi da esploratore documentarista, in grado di cogliere i particolari più crudi e reali per offrirli come testimonianza visiva agli occhi dell’ignaro lettore.
Rimanendo nella dimensione cinematografica, ci piace ricordare quanto diceva Sciascia a proposito del lettore di gialli che, secondo lui, è più assimilabile allo spettatore cinematografico che al lettore classico, infatti come lo spettatore, appena si spengono le luci, si abbandona al fluire delle immagini, così il lettore di gialli si abbandona alla narrazione facendosi guidare dall’autore e dalla sua creatura: l’investigatore. Mai come nei romanzi di Tiraboschi tale paragone risulta vero, Roberto Tiraboschi infatti si dimostra scrittore di consumata esperienza per il modo elegante con cui giostra i protagonisti e noi, portandoci, insieme, dove vuole lui, tra affabulazioni storiche e riflessioni sulla potenza del rappresentare un viaggio nel tempo appassionante tra calli e campielli assaporando odori, rumori e sapori tipici dell’epoca. Ed è davvero un bel viaggiare.