Pasquale Ruju è un soggettista e sceneggiatore di Bonelli, nel corso degli anni ha narrato alcune delle migliori storie per Dylan Dog, Tex, Nathan Never, Dampyr, Martin Mystère e sue sono le serie Demian, Cassidy e Hellnoir. Come se non bastasse, con Edizioni E/O ha pubblicato Un caso come gli altri, il suo primo romanzo che è arrivato direttamente nella cinquina finale del premio Scerbanenco. Innanzitutto, grazie della disponibilità.
Data la tua esperienza di narratore, cosa sono per te il Giallo e il Noir?
Il giallo prevede un delitto e la relativa indagine da parte di un investigatore (che può essere tale anche senza avere una licenza o appartenere alle forze dell’ordine). Attraverso il disvelamento di indizi, testimonianze o altri elementi della trama, arriveremo alla scoperta del colpevole o comunque alla soluzione del caso. Il noir invece, o almeno il noir che piace a me, si aggrappa ai personaggi. Scava nel loro privato, nelle loro dinamiche anche meno confessabili. Li segue nella caduta quando sono destinati a perdersi, e ci trasporta nel loro mondo a viva forza. Ne rende memorabili le bellezze come anche le brutture (a volte anzi soprattutto queste ultime). Ci coinvolge nel destino di quei personaggi e di quel mondo. Il giallo è per la mente, insomma, il noir per il cuore. E per la pancia. E, perché no, anche per l’anima.
Salvo rare eccezioni, la ‘ndrangheta e le altre forme di crimine organizzato sono espressioni maschili. Nella stesura di Un caso come gli altri hai avuto difficoltà a inquadrare e raccontare questa realtà da un punto di vista femminile?
Non è mai facile per un uomo scrivere di donne cercando di non cadere nei soliti cliché. Ho dovuto lavorare molto di lima, spogliarmi in qualche modo del punto di vista maschile e giocare a innamorarmi delle mie protagoniste, Annamaria e Silvia, fino al punto che fossero loro stesse a suggerirmi cosa e come scrivere. In questo senso mi ha aiutato molto il lavoro svolto con le attrici Stella Bevilacqua e Grazia Audero, bravissime, che dieci anni fa interpretarono per me il cortometraggio da cui ho tratto l’idea del romanzo. Penso che le donne abbiano un modo tutto loro di rapportarsi con le realtà criminali, specie quando queste realtà coinvolgono direttamente le loro famiglie e i loro affetti. Ci sono donne che decidono di non vedere, di rimuovere tutto ciò che può turbare la vita familiare, e altre che reagiscono, anche con rabbia. Annamaria, nel romanzo, si troverà a fare delle scelte. E come donna saprà accettarne le conseguenze fino in fondo.
Vuoi descriverci le tue sensazioni nell’essere in finale?
Dopo più di vent’anni di sceneggiature e centinaia di pubblicazioni a fumetti questo è il mio primo romanzo. Un lavoro completamente diverso che mi vede di nuovo “giovane” esordiente. È perciò un onore trovarmi in una rosa di autori validissimi e amati dal pubblico. E sono anche onorato di rappresentare allo Scerbanenco la collana Sabot/Age, creata e diretta per le Edizioni E/O da Massimo Carlotto e Colomba Rossi. Una collana, e un modo di intendere il noir a sfondo civile e sociale, che reputo importante e necessaria e a cui spero di poter contribuire ancora in futuro. Soddisfazione, quindi, già grandissima. E, certamente, anche curiosità su come andrà a finire.
E qui scatta la domanda faziosa. Esiste una differenza così profonda tra fumetto e letteratura e una graphic novel è sempre destinata a perdere il confronto con un romanzo?
Fumetto e romanzo sono semplicemente media diversi, con diversi approcci da parte di autori e lettori e differenti specificità. La graphic novel sta conquistando, un po’ a fatica ma progressivamente, un proprio spazio anche nelle librerie e nel cuore di lettori lontani per cultura e abitudine dal mondo del fumetto. Questa per me è certamente una buona notizia. Dal punto di vista di un autore, poi, le differenze possono essere uno stimolo. La scrittura pura è un tipo di esperienza faticosa e totalizzante, in cui ci si rapporta con i lettori senza mediazione alcuna. Senza filtri. In questo senso è anche una grande responsabilità. Nella narrazione a fumetti bisogna ragionare per immagini, come nel cinema. Il ritmo, i dialoghi, l’intera struttura della storia va pensata in un altro modo. È un lavoro di squadra che coinvolge anche il disegnatore, i grafici, i coloristi, i letteristi, l’intera redazione. Onori e oneri vengono condivisi ma il risultato, quando si è lavorato bene, è altrettanto appagante. Perché il fumetto non è letteratura di serie B in Italia come non lo è ormai da decenni in paesi come Francia, Stati Uniti, Argentina e Giappone. Il fumetto, la graphic novel, l’arte sequenziale nel suo insieme, è appunto questo: un’altra arte. Diversa, non migliore o peggiore. E che merita dunque, quando è il caso, la propria giusta considerazione.
Grazie della disponibilità e in bocca al lupo.
Grazie a te, e a tutti gli amici lettori!
la recensione di Milanonera http://www.milanonera.com/un-caso-gli-altri-2/
I cinque finalisti, insieme al titolo più votato dai lettori, verranno presentati al Noir in Festival il 13 dicembre alle ore 17 all’Anteo Spazio Cinema di Milano, dove il 14 dicembre alle ore 21 verrà consegnato il Premio, opera dell´artista Andrea Ventura.