Se dicessi Isola del Giglio, voi a cosa pensereste? A Schettino, purtroppo. Ma è una cosa ovvia. Lorenza Pieri tenta di andare oltre la risposta automatica. Lo fa col suo primo romanzo che descrive la vita a corrente alternata su una cosiddetta “isola minore”. Un racconto che attraversa 35 anni di storia italiana, ai cui poli vi sono i due eventi che hanno visto il Giglio protagonista: l’ormai celebre naufragio del Concordia e il confino nel 1976 dei due neofascisti Freda e Ventura, coinvolti nella strage di Piazza Fontana.
L’alter ego protagonista della Pieri è Teresa, di cui seguiamo la crescita attraverso le vicissitudini storiche e personali. Teresa è la figlia minore di Elena e Vittorio: Elena, detta la Rossa per la chioma e le idee politiche, era in prima fila contro l’arrivo dei due terroristi; Vittorio, gestore di un albergo, sempre pronto a sorridere, amava la vita semplice isolana. È la sorella minore di Caterina, colma di quella supponenza di chi si ritiene sempre migliore, che odia l’isola ma che è l’unica vera amica che Teresa ha. Alla luce di questi caratteri contrapposti si risolve la storia nello scarto tra impegno e disimpegno, tra isolamento ed emancipazione.
Il vero protagonista è il Giglio. Esso rappresenta tutto ciò che Teresa non vuole essere, ma anche tutto ciò di cui, suo malgrado, ha bisogno. Vive all’ombra della sorella, della madre, della nonna; perfino la libertà sembra impaurirla, costringendola a ricercare sempre le braccia della sua isola per sentirsi più sicura. Può vivere a Milano, a Roma, a Firenze ma la sua anima rimane isolana. Riluttante verso un mondo esterno che la invade, diviene consapevole che si può trovare il tutto nel nulla e che il coraggio di partire ha la stessa forza del coraggio di restare. Così come il Giglio anche Teresa è un’isola minore.
VOTO 20 FERMATE: Pieri usa Teresa come tramite, scelta che dimostra la natura autobiografica del romanzo (l’autrice ha trascorso al Giglio la sua infanzia). È un racconto per sensazioni e ricordi, come se si volesse confinare il Giglio in un mondo fantastico che però urta con il realismo di certe scene. Se siete tra coloro che per leggere in metro si mettono in un angolino senza voler parlare con nessuno, non avete scuse, ho trovato il libro per voi.
CITAZIONE: “Poi le inquadrature ci rimandarono ancora al tribunale e seguirono interviste e altra gente e un sacco di parole, ma io non le ascoltavo, avevo visto mia madre in televisione, avevo visto la sua faccia nel rettangolo nero in cui c’era il mondo, quello vero che esisteva fuori, e quello finto dei cartoni animati e di tutto quello che succedeva ma non faceva parte della nostra vita su quell’isola che sembrava distante da ogni cosa, e mia madre era lì dentro e contemporaneamente a trenta centimetri da me e tutto all’improvviso diventò vicino e nostro e quella fu l’epifania della mia infanzia che la consacrò definitivamente come un essere sovrannaturale, la mia madreperla, quella che sapeva e faceva la storia, la donna – come mia nonna del resto – della quale non sarei mai stata all’altezza. E il nostro mondo isolato, adesso che era comparso lì dentro, sembrava per la prima volta vero come tutto il resto.”