E così ora si scopre che La grande abbuffata, di Marco Ferreri, non era affatto quell'originalissima metafora della voracità borghese elevata all'autodistruzione. L'aveva preceduta un capolavoro del thriller satirico, Il cuoco, di Harry Kressing, appena riproposto dalla casa editrice e/ o. Vi si assiste a una truculenta epopea del cibo che non può non culminare nell'apocalisse da camera. Regista infernale, il cuoco del titolo, tale Conrad Venn. Si è in Scozia. L'anno non viene specificato. Di certo non si tratta di oggi. Lo si capisce dal fatto che l'aristocrazia locale abbia bisogno di servitù. Conrad arriva dagli Hill, industriali di lungo corso. Manca loro un degno responsabile delle cucine, che sappia porre fine ai disordini alimentari della famiglia. E anche a quelli degli antichi avversari, i Vale, la cui unigenita, Daphne, sarebbe la sposa perfetta per Harold, erede degli Hill.
Conrad prende subito il controllo della situazione. Le sue credenziali sono eccellenti. Viene assunto dai coniugi Hill, sollevati grazie alla sua presenza autorevole. In un crescendo di iniziative, Conrad liquida il maggiordomo Maxwell, la governante, signora Wigton, e il resto degli inservienti. Fuori dalla magione, conquista la plebaglia locale e sfida con successo l'unico in grado di tenergli testa. Il taurino Rud Brogg, cuoco dei Vale, perde una sanguinaria sfida al coltello lanciatagli da Conrad. Dominatore assoluto del circondario, il cuoco detta legge nelle forniture delle provviste, nell'arredo, nell'argenteria e nei servizi di piatti, tazze e bicchieri.
Ha anche frequentazioni illustri nella non meglio specificata Città. Tanto che il signor Hill, padrone di casa, si sente inadeguato a ricevere ospiti di siffatta importanza quando il cuoco li invita. Peraltro, lui, la moglie e il figlio Harold fanno ormai le veci dei servi licenziati da Conrad. Servono a tavola, preparano la colazione, si occupano delle camere. Felicissimi di questo cambiamento di ruolo. Nei panni di dipendenti avvertono un'esultanza che prima non avevano. Si sentono liberi dall'onere del comando. Un atteggiamento che il signor Hill, trasferisce anche al lavoro. Andare nella sua fabbrica non gli aggrada più. Preferisce alla lunga compiacere Conrad e dimostrarsi gradualmente un ottimo maggiordomo, capace di scomparire nella scenografia della sala da pranzo, dove gozzovigliano illustri sodali del cuoco.
Intanto Daphne, la figlia sovrappeso dei Vale, nutrita da Conrad dimagrisce e ritrova la smarrita bellezza, che la rende di nuovo appetibile per il matrimonio con Harold. Ormai il cuoco assurge ad autentico imperatore della comunità. L'unico che sospetta di lui è il dottor Law. Convinto che Daphne deperisca mortalmente, prova a contrastare Conrad. Senza riuscirci. L'ascesa implacabile del cuoco prepara un crescendo grottesco nel finale kafkiano.
Non è un caso che gli editori di Elena Ferrante pubblichino un altro autore enigmatico. Dietro lo pseudonimo di Harry Kressing si nasconde Harry Adam Ruber. Ma questo non ne illumina la figura, l'opera e la biografia. Di lui si deve apprezzare all'impronta questa atroce parabola sull'autofagia di una classe incapace di trovare l'equilibrio del contratto sociale.