Il romanzo d'esordio di Lorenzaa Pieri ha il pregio grande e raro, almeno nella narrativa italiana contemporanea, di parlare dì alcuni eventi cruciali che continuano a interrogarci dal passato dell'Italia, ma di farlo senza confinarli in un romanzo storico. Li cala invece nella vita quotidiana, nel succedersi dei giorni, degli anni e delle generazioni di una famiglia che, come molte, per il fatto stesso di essere cittadina di questo paese. quegli eventi li ha vissuti e ne è sopravvissuta. Lo fa, cioè, nel modo che più somiglia alla realtà, traendo da quei fatti il materiale di costruzione per i suoi personaggi e servendosene per plasmare i caratteri e le aspettative. Nel romanzo quindi seguiamo le vite di superstiti di una strage fascista, di chi si mobilitò contro le trame oscure degli anni di piombo, dei soccorritori, dei naufraghi del più assurdo ed emblematico incidente di mare che si ricordi, quello della Costa Concordia. Perché è proprio al Giglio che è ambientato il romanzo e l'isola è, fin dal titolo, co-protagonista, una co-proragonista indifferente e inscalfibile, sul cui granito si dipana a tratti la vita dell'altra "isola minore", Teresa, voce narrante e figlia piccola di una coppia stabilitasi al Giglio dal Continente.
Il Continente è quel che si stende oltre la "cintura di sicurezza liquida" che protegge l'isola e dà l'illusoria sensazione di essere al riparo da tutto. Però, crescendo Teresa scopre che gli isolani non sono affatto isolati: la storia, con le sue tragedie e le sue storture arriva anche lì come memoria indicibile di alcuni o materialmente, come nell'agosto del 1976, quando la Corte d'Appello di Catanzaro decise di scarcerare per decorrenza dei termini Giovanni Ventura e Francesco Freda, imputati per la strage di Piazza Fontana, e ne dispose il soggiorno obbligato al Giglio, preludio a un'agevole fuga in Corsica. Gigliesi e turisti reagirono mobilitandosi per impedire lo sbarco dei neofascisti; i manifestanti furono processati per blocco navale, unici condannati in un procedimento collegato alla strage di Piazza Fontana. Tra loro ci sono, nella finzione narrativa, i genitori di Teresa.
Isole minori è un libro che viene da lontano; Pieri ci si è dedicata per quasi un decennio proprio partendo dal presupposto che nemmeno sull'isola si è al riparo dalla storia. E in perfetta consonanza con questa idea motrice, nel gennaio del 2012, la storia si è schiantata sull'isola "in forma di battaglia grottesca, coi soldati ingioiellati e vestiti da sera, una guerra in cui la sofferenza e la morte non arrivano per un ideale (...) ma per la distrazione di un omino di burro". Quando il romanzo era ancora in cerca di una sua forma definitiva, quella forma is è imposta con la prepotenza del fatto reale e la sua autrice ha trasformato il naufragio in una sostanza narrativa che si fonde a pieno con ciò che i personaggi sperimentano, credono e pensano nelle precedenti duecento pagine. In questo dimostra un sicuro talento. Più ancora lo dimostra, nella prima parte del romanzo dedicata all'infanzia di Teresa e di sua sorella Caterina, quando fa rimasticare alla loro fantasia di bambine lo strazio di Piazza Fontana sotto forma di una memorabile fiaba e l'assurdo di una strage fascista in un compito di scuola che serve alla sorella maggiore per tentare di schiacciare Teresa nel ruolo di "isola minore".