In una fredda notte senza tempo Conrad Venn giunge in una piccola città chiamata Cobb. Adagiata in una valle ombrosa, ai piedi del maestoso castello di Prominence, Cobb ospita due antiche famiglie, Hill e Vane, divise da un odio profondo, in lotta da secoli per il possesso dell’antico maniero. Di Conrad Venn non sappiamo quasi nulla. Tracce di un passato aristocratico cancellato da un tracollo economico si intuiscono dal suo abbigliamento ricercato. L’uomo porta con sé un coltello affilato e referenze altisonanti da presentare per un posto da cuoco presso la famiglia Hill. L’accoglienza in casa Hill non è delle migliori. Conrad si guadagna subito l’avversione del maggiordomo Maxfield e della direttrice della casa, la signora Wigton, con i suoi modi sgarbati e altezzosi e con l’evidente disprezzo per l’inadeguatezza del personale della famiglia. Ma in breve tempo la situazione cambia e il cuoco conquista la stima e la fiducia degli Hill, dei Vane e di tutto il villaggio, grazie ai manicaretti che cucina con grande impegno ed estrema serietà, adattandoli e personalizzandoli alle esigenze di ogni palato. Le sue pietanze non sono solo buone, sono irresistibili, quasi diaboliche. Grazie ad esse gli esili ingrassano, gli obesi finalmente dimagriscono, i problemi di digestione scompaiono. I suoi piatti gustosi ed equilibrati sono osannati e ricercati da tutti, creano dipendenza in chi li assaggia, sembrano addirittura avere il potere perverso di piegare la volontà dell’intera cittadinanza. In breve tempo gli abitanti di Cobb vengono soggiogati dalle sue diaboliche arti culinarie fino al paradosso finale.
Scritto nel 1965 da Harry Kressing, alias Harry Adam Ruber, autore di cui si hanno poche e frammentarie notizie e appena riedito da e/o edizioni, “Il cuoco” è unanimemente considerato un classico della letteratura americana. Ho letto il romanzo tutto d’un fiato e l’ho trovato diabolico e perverso al punto giusto. Definito da molti una favola gotica con spunti horror, il romanzo ha un’ambientazione molto accattivante che, come suggerito dalla copertina, lo colloca geograficamente nella campagna inglese di fine ottocento. A Cobb non è strano trovare locande fumose dove il gin scorre a fiumi, strade sterrate sconnesse e fangose dove le carrozze si muovono a fatica e panorami immersi nella nebbia che, quando si dissolve, raramente, lascia filtrare un raggio di sole che illumina le dimore borghesi di campagna. Oltre all’ambientazione, altri fattori concorrono a creare un’atmosfera misteriosa ed ambigua tanto che il lettore si chiede continuamente se gli eventi siano veramente come sembrano o se invece nascondano una verità diversa, più oscura e malvagia. Uno di questi è sicuramente il protagonista col suo aspetto diavolesco. Conrad Venn veste solo abiti scuri. La sua figura è alta e spigolosa, l’incarnato cadaverico con occhiaie violacee, il naso aquilino come un becco e gli occhi penetranti sono neri come il carbone. A chi vi fa pensare? Eh si, La sua somiglianza con il demonio è innegabile. Questo cuoco infernale ha richiamato alla mia memoria il diabolico protagonista di “Cose preziose”, il romanzo di Stephen King che vede Leland Gaunt, il diavolo in persona, prendere possesso della mente dei cittadini di Castle Rock attraverso un negozio di indispensabili cianfrusaglie. Nonostante il lavoro lo porti ad accontentare i palati raffinati della famiglia e degli abitanti di Cobb, Conrad rimane un personaggio sinistro ed enigmatico per molti di loro. Spietato manipolatore, perfido e calcolatore non si fa scrupoli di eliminare dalla sua strada, con metodi brutali degni di un film di Tarantino, chiunque cerchi di intralciarlo nel raggiungimento del suo obiettivo finale. Dalla seconda metà del libro in poi il sospetto che il cuoco abbia un secondo fine si fa insistente. Nonostante l’inquietudine del lettore cresca proporzionalmente al numero delle pagine, si rimane incollati alla lettura e si anela di arrivare velocemente al dessert, spietatamente sospinti da una prosa leggera e scorrevole.