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Il cuoco

Autore: Cecilia Lavopa
Testata: Contorni di noir
Data: 11 novembre 2016
URL: http://contornidinoir.it/2016/11/harry-kressing-il-cuoco/

Harry Kressing – alias Harry Adam Ruber non ha lasciato molte notizie su di lui e poco chiare. Quello che è chiaro è che ha lasciato ai posteri – noi lettori – il romanzo gotico di cui vi parlo oggi. Pubblicato per la prima volta nel 1965, Il cuoco si svolge in una piccola città chiamata Cobb, fondata da A. Cobb che progettò per i suoi abitanti il mastodontico castello di Prominence: costruito in stile gotico, alto circa 4 piani, più o meno composto da duecento stanze. Esisteva un unico ponte levatoio sollevato e sprangato e non vi era modo di passare dall’altra parte. Ai piedi del castello, vive il clan degli Hill e dei Vale. Da sempre in astio tra loro, avevano raggiunto una sorta di tregua.

In questo luogo ameno, approda un giorno Conrad Venn, cuoco di professione con referenze altisonanti da presentare per un posto di lavoro presso la famiglia Hill. Alto un metro e ottanta, dal viso quasi cadaverico, ha come naso un autentico becco. Le orbite incavate con occhi penetranti, neri come il carbone e vestito di nero, pareva un’aquila nera affamata.

L’accoglienza non è delle migliori, soprattutto tra il personale, come Maxfield, il maggiordomo o la signora Wigton, la direttrice di casa, soprannominata dalla servitù la vecchia carampana.

Gli Hill mangiavano come lupi, ma con un palato da maiali, pronti a ingurgitare qualsiasi pietanza che venisse servita ma, dopo l’arrivo di Conrad, si resero conto che i veri manicaretti avevano un sapore totalmente differente. Nessuno fuori dalla sala da pranzo degli Hill mangiava come loro. Fai dei commensali una unità inscindibile, legandoli in una esperienza simile a nessun’altra, che essi condividono.

Romanzo che definirei strisciante, pauroso. Parliamo di una scrittura a cui non siamo abituati, assuefatti – me compresa – da trame reiterate, sangue come se piovesse, morti ammazzati in modo cruento, CSI alla ricerca del DNA e, visto che ci siamo, mettiamoci anche i RIS.

In questo caso non c’è un commissario, non c’è indagine, ma ci sono i morti. Un romanzo che, in qualche modo, mi ha ricordato “La fattoria degli animali” di George Orwell.” Vi immagino lanciarmi degli epiteti per il paragone, ma fatemi spiegare.

Questo personaggio ambiguo sembra avere in mano tutte le armi per trasformare gli abitanti in discepoli pronti ad obbedire inspiegabilmente a ogni suo volere. Dal momento in cui arriva nel paese e con la sola arma del cibo – tipo pifferaio magico con la sua musica – riesce a trasformare le abitudini della popolazione.

Il suo aspetto torvo lo accompagna sempre, anche quando indossa vestiti costosi. Sembra che nessuno riesca a resistergli, vuoi per soggezione o per mancanza di volontà.

L’inizio promettente del romanzo mi ha incuriosita talmente che non sono riuscita a prendermi pause fino a fine lettura. L’evoluzione della storia è continua e si intuisce la profanazione del paese sin dall’arrivo di Conrad a Prominence. Tutto ruota intorno al cibo, ne diventa dipendenza, ne diventa potere assoluto.

Scrittura affilata, sottile, perversa. In alcuni tratti perde forza e il finale non ha potenza come il resto del romanzo, ma rimane il fascino di uno stile ormai desueto di cui ho un po’ nostalgia.Sicuramente Conrad diventerà protagonista di molti incubi.