Proseguiamo al… femminile dando voce a un’altra penna di spessore, quella dell’archeologa e storica dell’arte Giorgia Lepore, in libreria con Angelo che sei il mio custode (pagg. 246, euro 16,50), uscito per i tipi delle Edizioni e|o nella Collezione Sabot|Age. Una collana giunta al suo ventitreesimo appuntamento e nata per raccogliere, annota Massimo Carlotto, «voci, scritture e storie di qualità per dare spazio a una narrativa senza steccati di genere, ma aperta ai contenuti». Detto questo torniamo all’autrice, che vive a Martina Franca (Taranto) e attualmente insegna storia dell’arte al liceo Da Vinci di Fasano, in provincia di Brindisi. Lei che ha imbastito con sapienti tratti una storia di fantasia, nera e profonda quanto basta, ma «nel rispetto dello stato e della topografia reale dei luoghi». Una storia che vede protagonista l’ispettore Gregorio (Gerri) Esposito, un personaggio ben caratterizzato e intrigante, incaricato di indagare sul ritrovamento dello scheletro di un bambino e sulla scomparsa di altri due. Un uomo appena rientrato in servizio dopo un brutto periodo, peraltro non ancora finito: tecnicamente non risulta infatti reduce da una malattia, ma da una sospensione legata a un grave incidente (un proiettile gli aveva trapassato la testa da parte a parte). Una sospensione lunga quattro mesi, per di più senza stipendio, la qual cosa ha fatto terra bruciata del suo conto corrente. Ma lui rimane in fondo sempre lo stesso: un poliziotto dal grande fiuto, che non rispetta regole e procedure, che oltre tutto vive male il fatto di aver dovuto smettere di fumare (sì, le sigarette se le compra e se le accende, ma non le fuma, surrogandole con caramelle e gomme). Una figura di un certo spessore che nel privato si deve raffrontare con brusche insonnie, che si sa muovere con accortezza fra ossessioni e segreti (ha la capacità di fare sua l’interiorità delle persone), che le brutte rogne sa come affrontarle (sia nei meandri della mente che nel buio di una… grotta). Ma veniamo alla trama, imbastita in quel di Monte Sant’Angelo, nel Foggiano, dove tiene banco un santuario, luogo d’incontro dei devoti dell’arcangelo Michele, e dove iniziano le indagini del nostro Gerri, un uomo tormentato dal passato e circondato da donne che, proprio per questo, non riesce ad amare. Semmai, in lui, sono le storie che deve seguire a prendere il sopravvento sulla sua vita personale: in effetti ogni bambino sul quale indaga sembra fare parte del suo vissuto, e questo finisce per coinvolgerlo in maniera totale. Portandolo a muoversi al di fuori dalle regole. La qual cosa non manca di far imbestialire (pur apprezzandone le qualità investigative) il vicequestore aggiunto Alfredo Marinetti che coordina le indagini, che chiamerà a collaborare la sua ex fidanzata Giovanna Acquarica, in forza alla polizia di Roma e specializzata in casi legati ai minori. La quale recupererà dal suo passato informazioni che potrebbero avere a che fare con la vita di Gregorio, con la sua infanzia e con certe porte chiuse che tengono ancora banco nella sua memoria. Fattori che lo costringono a fare i conti con se stesso e con i propri sentimenti. In sintesi: un romanzo - che fa seguito a L’abitudine al sangue uscito nel 2009 e al più recente I figli sono pezzi di cuore - di intrigante fattura. Supportato da un linguaggio ruvido, che non disdegna la parolaccia (ma senza mai esagerare), volto a catturare l’attenzione del lettore. Il quale, pagina dopo pagina, si troverà ingabbiato nella curiosità di vedere come andrà a finire.