Vincitrice del più prestigioso premio letterario svedese, la scrittrice Lena Andersson presenta (in traduzione italiana di Carmen Giorgetti Cima) un romanzo durissimo sul rapporto d’amore, anche se il termine non appare del tutto appropriato, fra una giovane poetessa e filosofa, Ester Nilsson, e l’artista sperimentale molto affermato Hugo Rask, che lei conosce in seguito ad una richiesta di presentarne l’opera dal punto di vista critico ad un convegno.
Lei viveva con il compagno, Per, una convivenza un po’ stanca: di lui invece la giovane scrittrice aveva imparato molto leggendo scritti e recensioni, e comunque ne era rimasta subito fortemente attratta, tanto da cominciare a sognare un rapporto con lui, gentile e freddo, attento e distaccato, circondato da una corte osannante, distratto ed affettuoso. Ester decide che quest’uomo difficile è tutto ciò che lei desidera, e non esita ad abbandonare il suo compagno, sicura che le attenzioni, le chiacchierate, lo scambio di opinioni fra lei e Hugo porteranno presto ad una relazione stabile, che lei crede possibile e che comincia a desiderare in modo spasmodico ed ossessivo.
Non c’è trama in “Sottomissione volontaria”, solo un’attesa dolorosa, un’illusione continua, una speranza incongrua che spingono la poetessa ad annullare la sua vita, che diviene un deserto affettivo, una solitudine cosmica interrotta, ogni tanto, da segnali che lei crede di vedere nei gesti, nei messaggi, negli incontri casuali con Hugo Rask, che non sembra invece interessato a lei se non come un piacevole incontro, intellettuale e sessuale, senza importanza e senza necessarie conseguenze sullo svolgimento delle loro esistenze. Soffriamo con Ester, nelle pagine del libro, vedendo quanto dolore possa portare una storia d’amore non corrisposta, quanta devastazione nella personalità di una donna disposta a umiliarsi, a perdere dignità, a costruirsi una realtà fittizia che non ha nulla di reale, a vedersi scacciata, estromessa, dimenticata, poi ricordata in modo episodico e casuale, infine respinta: mai con violenza, sempre con distaccata indifferenza, con inesauribile superficialità, con narcisistico egocentrismo, da parte di un uomo “bambino”, troppo adulato, troppo ricercato da ammiratori interessati, incapace di accettare l’offerta amorosa troppo coinvolgente ed egoistica, troppo impegnativa, piena di vincoli e responsabilità per le quali il vanesio Hugo non sembra proprio portato. Ester finisce per divenire antipatica anche a noi lettori, vegetariana intransigente, in attesa perenne di un sms, e anche se un coro di amiche fedeli le fornisce saggi consigli, lei, dimentica di ogni tattica e di un normale buon senso, precipita nel deserto di una non relazione, di un non amore, costruendo sulla sabbia progetti di coppia senza alcuna reale premessa vissuta o promessa formulata.
“Sottomissione volontaria” ha anche pagine francamente noiose, ma le conversazioni fra i due protagonisti sono profonde e tutte incentrate su temi etici ed estetici molto impegnativi; lei non fa che pensare a cosa, quando, come deve scrivere al suo oggetto d’amore che mai le risponde, lettere, email, sms, e infine sarà costretta ad accettare la sua totale sconfitta: la speranza di ottenere l’amore dell’uomo sfuggente, dopo un anno di torture psicologiche, fughe, illusioni, inseguimenti, finisce. Le parole per dire la perdita di sé e dell’altro sono metaforiche, dense di significato che sembra travalicare anche lo stretto cotesto amoroso che le ha originate:
“La Speranza deve essere costretta a morire d’inedia perché non illuda e non abbagli il suo animale ospite. La Speranza può essere uccisa solo con la brutalità dell’evidenza. La Speranza è crudele perché ti lega e t’intrappola”.