Perché Pauline Dubuisson non smette di ispirare gli artisti, dal regista Henri-Georges Clouzot al romanziere Patrick Modiano? Perché questa famosa criminale non aveva il physique du role del mestiere. Era una ragazza di diciott'anni, eccellente rampolla della borghesia cattolica, figlia di un severo eroe di Verdun e sorella di due soldati morti in combattimento. Questo non impedì al padre di spingerla tra le braccia dei nazisti per alimentare il suo giro d'affari. Questo non impedì a Pauline, studente di medicina, di assassinare, prima di tentare il suicidio, l'uomo a cui aveva confessato il suo sinistro passato e che aveva poi rifiutato di sposarla. Se la vita di Pauline Dubuisson fu più complessa, Jean-Luc Seigle ha scelto di fare di questo cupo fatto di cronaca un affascinante racconto in prima persona, calandosi magistralmente nei panni della sua eroina. A poco a poco Pauline si scopre, svela la personalità di suo padre, di sua madre, le vertigini della sua inestinguibile sessualità, le sue ferite mai cicatrizzate. E mostra come, così male amata, sia stata sempre manipolata. Jean-Luc Seigle sa esprimere il femminile con empatia sconvolgente. Si è ininterrottamente colpiti dalla mestria di una scrittura che riesce a raccontare le cose peggiori con la giusta distanza, l'orrore con dignità e soprattutto la solitudine assoluta di Pauline, orgogliosa e ammirevole. Malgrado tutto.