È un romanzo bellissimo, una storia che ti cattura con la sua intrigata e sapiente leggerezza, una narrazione che ti porta con sé in un viaggio immaginifico fino agli inferi (che poi tali non sono) per risalire fino al cielo di ciascuna esistenza, anche la più provata.
È un testo di una scorrevolezza narrativa vivificante, frutto di una scrittura colta che, quasi in punta di piedi, attraversa le pagine e con esse i secoli in cui si snoda la vicenda.
Le streghe di Lenzavacche (edizioni e/o) è il nuovo lavoro letterario di Simona Lo Iacono ed è già un conclamato successo letterario.
Nativa di Siracusa, magistrato nel Tribunale di Catania, ha al suo attivo numerose pubblicazioni premiate sia dalla critica che dal pubblico.
E tale consenso l’autrice lo riconferma con una storia intrisa di originalità e piacevolezza, ambientata in due periodi storici controversi e luttuosi, segnati dall’Inquisizione il primo e dal regime fascista, il secondo.
Dotata di una forte sensibilità e di una forte comunicabilità, Lo Iacono con il suo romanzo racconta, usando appositamente due cifre linguistiche differenti e valide, una vicenda straordinaria e appassionante, in bilico tra realtà e fantasia, che viaggia nell’arco di tre secoli, fino a trovare il suo punto di snodo in un regio decreto del 1925 che tra le varie disposizioni consente ai disabili di accedere all’istruzione pubblica in classi differenziate.
Proprio grazie a questa norma sfuggita alle leggi fasciste, ricevono dovuta giustizia le esistenze dei protagonisti come il piccolo Felice, la saggia Tilde, l’affascinante Rosalba, il giovane Alfredo, il farmacista Mussumeli, l’arrotino detto il Santo.
Ma soprattutto si acquietano, in danze liberatorie, le anime innocenti delle streghe di quel lembo di territorio siciliano, donne sfortunate ma libere e buone di spirito che in tempi remoti, avevano patito ingiuste pene, persino la morte, per una sorte beffarda resa forte da un’ ignorante presunzione umana.