In un suo famoso saggio intitolato I ribelli Hobsbawm analizzava figure di briganti, profeti e rivoluzionari, leggendole nel loro contesto storico, senza lasciarsi abbagliare dall’alone che le circonda. In quel libro (pubblicato in Italia da Einaudi) lo storico inglese notava che non di rado quei personaggi finivano per soccombere o addirittura per condividere alcune contraddizioni del sistema che intendevano combattere. Ingenuità, scarso rapporto con la realtà, rabbia, azione protestataria, ostinato voler essere «fuori» del sistema, si ritrovano spesso nelle ribellioni fallite, secondo Hobsbawm. Ma anche l’onestà e l’essere totalmente nel giusto a volte, purtroppo, non bastano, come ci dice la vicenda di Spartaco, il gladiatore che si rivoltò contro i giochi perversi e disumani dei Romani. E che Lewis G. Gibbon, negli anni bui di avanzata del nazismo, raccontava in Spartacus il gladiatore che sfidò l’impero ora ripubblicato da Castelvecchi. Ma si potrebbe anche citare il caso di Masaniello e di tanti altri ribelli che hanno punteggiato la storia. La rivolta fatta senza una identità profonda, senza vedere e rifiutare la violenza, diventa distruzione. E tutto poi rischia di tornare peggio di prima. La storia insegna. Il punto, verrebbe da dire dunque, non è tanto ribellarsi, quanto saperlo fare. Per non finire male, come toccava in sorte alle streghe. Lo ricorda un romanzo dalla prosa evocativa, quasi poetica, di Simona Lo Iacono, Le streghe di Lanzavacche, (Edizioni e/o). Racconta di alcune donne abbandonate o in attesa di un figlio “illegittimo” che, nella Sicilia del ’600 presero a riunirsi in una casa ai margini dell’abitato. Per questo furono additate come streghe e perseguitate. Ci vorrà (secoli dopo) il coraggio di Rosalba che per proteggere la libertà di suo figlio sfida insieme a un giovane maestro l’oscurantismo fascista per far riemergere la memoria cancellata delle “streghe”. La ribellione nella storia, non di rado, è costata cara alle donne. Così dicono classici della letteratura pieni di eroine romantiche che finiscono male. Da Emma Bovary di Flaubert ad Anna Karenina di Tolstoj, grande conservatore che, tuttavia, ci lasciato più di un capolavoro. Questo in particolare ora si può leggere nella traduzione di Claudia Zonghetti, pubblicata da Einaudi nei Supercoralli. Ma la storia, per fortuna, ci dice anche ben altro riguardo alla ribellione delle donne. Ci dice che la lotta al nazifascismo in Italia vide le partigiane in primo piano, come scrive Alessandro Portelli che con Antonio Parisella ha curato Ribelle e mai domata, un volume pubblicato da Squilibri che raccoglie belle e toccanti testimonianze di partigiane, insieme a canti e racconti della Resistenza. Tornando alla letteratura, in libreria si trovano fresche di stampa nuove edizioni (e addirittura riscritture) di Orgoglio e pregiudizio e di altri libri di Jane Austen: con “eroine” come l’irresistibile Elizabet, che rifiuta di fidanzarsi in base al censo e alle convenienze, la scrittrice inglese si opponeva al moralismo borghese e vittoriano d’inizio ’800. Ancora nel ’900 le donne erano vittime del bigottismo nella cattolicissima Irlanda come ha raccontato nella propria autobiografia (pubblicata da Elliot) Edna O’Brien di cui Einaudi pubblica Oggetto d’amore, una raccolta di racconti, fra i più belli della scrittrice irlandese che sarà a Mantova per Festivaletteratura l’11 settembre. E ancora: ripercorre la tormentata ribellione di Camille Claudel Anna Maria Panzera in un romanzo colto, appassionato, quasi cinematografico, edito dall’Asino d’oro. In pieno ’800 la giovane artista francese, che fu la musa e compagna di August Rodin, testardamente cercava una propria realizzazione attraverso l’arte e la scultura. Separandosi dalla famiglia molto religiosa. E poi anche dall’amante. Camille pagò un prezzo altissimo come racconta la storica dell’arte con grande scavo e sensibilità. Diversa è la storia evocata da Riccardo Michelucci nella sua Guida alla Firenze ribelle che (oltre a portarci in piazza de’Ciompi dove nel 1378 scoppiò la prima rivolta “operaia” e sui luoghi della Resistenza) ci conduce agli Uffizi davanti a Giuditta e Oloferne, il quadro in cui Artemisia Gentileschi dipinse nelle vesti del soldato assiro decapitato da Giuditta, il collega che l’aveva violentata. Nella realtà la pittrice aveva avuto il coraggio di denunciarlo e trascinarlo in tribunale. Nel quadro rappresentava magnificamente la propria vendetta, rielaborando un soggetto del più ribelle degli artisti, Caravaggio. E qui si potrebbe aprire una bella parentesi sui tanti artisti che hanno saputo ribellarsi ai canoni iconografici imposti per secoli dalla Chiesa. Pensiamo al potenterealismodiCaravaggionelrappresentare la morte della Madonna, alla libertà quasi eterodossa di Leonardo nei quadri a tema sacro ma anche al modo in cui Correggio seppe rappresentare l’orgasmo femminile reinventando il mito di Giove ed Io, nonostante le ombre lunghe della Controriforma. Al pittore emiliano Roberto Longhi dedicò una storica monografia che ora torna in libreria per tipi di Abscondita. Mentre Valeria Arnaldi invita a passeggiare nei luoghi del Merisi nell’agile libro Caravaggio a Roma pubblicato da Olmata per Lit edizioni.
Nel poco spazio che ci rimane, vorremmo accennare ancora ad alcune altre tipologie di ribelli che s’incontrano fra gli esploratori, i navigatori, i mercanti. Come Cristoforo Colombo che non si lasciò condizionare da preti e millenaristi, immaginando nuove terre e orizzonti, ben oltre le porte d’Ercole. «Più che alle mappe dell’epoca, Colombo si affidò alla fantasia» suggerisce Attilio Brilli, fra i massimi esperti di letteratura di viaggio e autore di Mercanti e avventurieri, di Viaggio in Oriente entrambi editi da Il Mulino. «Nella biblioteca di bordo Colombo teneva due libri, Il milione di Marco Polo e I viaggi immaginari di Mandeville, che per scrivere non uscì mai dalla biblioteca di Oxford» dice lo studioso (l’intervista integrale è sul sito di Left) che di questi temi a settembre parlerà al Festival della mente di Sarzana e a Carrara per Con-vivere. Quanto a Marco Polo, due storici narratori irlandesi Brian Oswald e Donn-Byrne rievocano in un curioso libro (Castelvecchi) un aspetto meno noto della sua vicenda: la storia d’amore fra il mercante veneziano e la figlia del Kublai Khan. Infine, facendo un salto di molti secoli per chi è sotto l’ombrellone ma soprattutto per chi resta a sognare il mare a casa, segnaliamo i Giorni selvaggi, una vita sulle onde del premio Pulitzer 2016 William Finnegan pubblicato da 66thand2nd. È la storia di un bambino che si innamora del mare vedendo i surfisti danzare sull’acqua. E da grande si trasferisce alle Hawaii, fra i più poveri, fino ad arrivare a progettare un viaggio intorno al mondo.